FABRIZIO TESTA, Bestiario
Ultima parte di una trilogia iniziata con Mastice del 2013 e proseguita con Morire dello scorso anno, Bestiario è un lavoro breve e autoprodotto che si focalizza sulla parte più “animale” dell’essere umano, non a caso la title-track è una riflessione sui macelli in forma di storto pop cameristico. Ma le armi a disposizione di Testa (i più attenti si ricorderanno che ho scritto di lui come Il Lungo Addio) sono ben altre, tanto che negli “Interludio #1” e “… #2” si permette di architettare sintetici sketch impro-rumoristici piuttosto atmosferici, con l’aiuto degli ospiti Ingar Zach e Stefano Giust (quest’ultimo dell’etichetta Setola Di Maiale), mentre le più articolate “Purosangue” (colpisce il testo, ci sono puledri e purosangue, ronzini, e cavalli da tartare…) e “Macello” sono degli sghembi blues morriconiani come pochi se ne sentono ancora in giro. A riprova, poi, della particolare propensione a lavorare sulle improvvisazioni, le note sparse dell’impenetrabile e dark “San Lorenzo”, con l’ospite Federico Ciappini dei Six Minute War Madness (ha prestato la sua voce anche nei due lavori di Paolo Cantù/Makhno). Bestiario si apre e chiude con due brani che ospitano la voce recitante di Gianni Mimmo – sassofonista sempre del giro dell’etichetta di Giust – a fare da contrappunto a un lavoro corale e dall’attitudine estemporanea, figlia insomma di una serie di prove venute bene verrebbe da aggiungere. Rimane infine da sottolineare il singolare afflato poetico, quelle citazioni da Ivano Ferrari (non a caso un suo libro si chiamava “Macello”, per Einaudi, come un brano dell’album in questione) e dello scomparso Salvatore Toma.