FABIO PERLETTA, Interstitial Spaces

Perletta

Spesso su queste pagine si gioca coi contrasti: chi legge potrebbe finire per domandarsi se siano più pericolosi i Bloodyminded, i Cripple Bastards o Fabio Perletta, abruzzese classe 1984, cervello dell’etichetta Farmacia901. Forse, per qualcuno, non c’è nulla di più oltraggioso e inaccettabile del silenzio. Forse, come magari nel caso in questione, per qualcun altro è necessario concentrarsi fino allo sfinimento su pochi e precisi dettagli: una sfumatura ben identificabile di grigio o di nero o di bianco e uno spazio interstiziale.

Il disco, al netto di considerazioni scientifiche che non fingerò di comprendere, è stato realizzato con un software creato ad hoc e battezzato Seijaku (che in giapponese dovrebbe voler dire appunto “silenzio”). Non mi sembra né López, né Köner: alcune parti potrebbero far venire in mente qualcosa con Un Peu De Neige Salie di Bernhard Günter, più che con il lavoro degli altri maestri in rarefazioni che ho incontrato lungo la strada. Rispetto al disco di Günter, Interstitial Spaces risulta ulteriormente impalpabile, ma più morbido, grazie ad alcune linee diafane di synth (viste le premesse, potrebbe essere chissà quale suono di partenza trasfigurato mediante laptop).

Come Riparbelli cerca – attraverso la manipolazione di onde corte – di restituirci un mondo invisibile e di farci riflettere sulla percezione, così fa Perletta, senza però quasi alcun tipo di racconto (Crowley, cristianesimo, etruschi…) e di coloritura (nera). Se ci pensiamo un attimo, è davvero un pericoloso estremista.

Tracklist

01. Untitled
02. Untitled