EVOKEN, Atra Mors
Se “l’oceanicità” doom di The Giant, il nuovo album degli Ahab uscito a fine Maggio 2012, non vi è bastata o vi ha solo solleticato, è il caso che vi procuriate Atra Mors, l’ultimo disco dei maestosi Evoken uscito pochi giorni fa, nel cuore di questa torrida estate.
Gli americani Evoken sono da lungo tempo nell’olimpo del funeral doom/death atmosferico internazionale e da poco hanno letteralmente ri-attraversato l’oceano e sono approdati all’etichetta per eccellenza dedicata al suono pesante, la canadese Profound Lore, dopo aver collaborato con case discografiche europee (l’italica Avantgarde Music e la svedese I Hate Records).
Con la Profound Lore gli Evoken hanno appena pubblicato Atra Mors, il loro quinto lp, uscito il 31 Luglio 2012, a cinque anni dall’ultimo monumentale sforzo, ed allo stesso tempo hanno celebrato i vent’anni della band. La Profound Lore, dal canto suo, celebra con gli Evoken la centesima voce del suo onorevolissimo catalogo. Una coincidenza, o forse sarebbe più corretto chiamarla “occasione”, dal carattere simbolico e significativo, un risultato davvero notevole per una casa discografica dedita all’underground non proprio di facile ascolto. E i “nuovi” Evoken ventennali mi sembrano perfetti per celebrare il traguardo della Profound Lore. Infatti il nuovo album, molto bello, in qualche modo incarna le varie anime della casa discografica e allo stesso tempo illustra un certo rinnovamento nello stile di questa band longeva e molto “solida”. Ci sono altre coincidenze per questo festeggiamento doppio: giusto per lanciarsi nel gossip metal di taglio “anagrafico”, è noto il legame tra gli Evoken e un’altra band di punta dell’etichetta di Chris Bruni, i Disma, degni esponenti del nuovo death metal vecchia scuola, altro amore della label insieme al doom nelle sue espressioni più solenni e sinistre. Infatti, a parte un breve, recente coinvolgimento di Craig Pillard dei Disma come bassista, va aggiunto che il chitarrista Nick Orlando e il bassista David Wagner militano da sempre nei Funebrarum, eccellente band che da anni macina lastroni – più che dischi – di cupissimo death metal, e che coinvolge gente dei Disma.
Con gli Evoken si ha sempre a che fare con album monumentali, attorno ai 70 minuti di durata, e anche stavolta non si sfugge alla regola, con un’ora e 7 minuti spalmata su otto tracce, di cui sei tra nove e dodici minuti e due, relativamente brevi, che fungono da intermezzi. È lo stile, però, a fare – in parte – la differenza col passato. I riferimenti storici dichiarati della band sono ancora chiarissimi e “granitici”: i pionieri finlandesi Thergothon, dai quali gli Evoken hanno tratto il loro nome, gli australiani Disembowelment (ospitati al Roadburn Festival quest’anno) e i primi Paradise Lost e My Dying Bride. Quindi il sound rimane riconoscibile, colossale, segnato da melodie spesso più severe che malinconiche e da riff rombanti come tuoni lontani, elaborati lentamente e intrecciati quasi in maniera dolorosa con il growl lugubre ma sobrio di John Paradiso. Il tutto è posto al di sopra di un tappeto dove l’incedere maestoso e marziale della batteria si fonde con le atmosfere esalate dalle tastiere. In Atra Mors, però, lo schema viene temperato, mitigato, o forse solamente arricchito, da una maggiore carica melodica e da una più ampia gamma di soluzioni, anche se questo non vuol dire che ci troviamo di fronte a qualcosa di meno pesante di quanto l’ha preceduto. È un album gigantesco anche per durata, ma le sue sfumature lo rendono fluido come il racconto avvincente di una favola gotica. La varietà del canto (da growl a interpretazione pulita, dal parlato sino a un austero stile gregoriano) e l’impiego, entro o a cavallo dei brani principali, di intervalli acustici molto intimi e affascinanti (dove spiccano chitarra, violoncello o pianoforte), creano un’alchimia magica con la ruvidità di certi riff doom sporchi e dissonanti e con la brutalità delle sfuriate death metal vecchia maniera. Un’alchimia che contribuisce a movimentare un macigno e anche a giustificare l’indulgere della band in brani così dilatati. Le situazioni che si vanno a costruire sono multiformi: da aeree a lussureggianti, da marziali fino ad abissali, e il loro susseguirsi rende questo disco tanto impegnativo quanto dinamico, quindi attraente.
Insomma, l’album, nel suo essere poderoso, mi è apparso un bel po’ meno funereo di quello che il titolo sembra annunciare. Ho citato gli Ahab all’inizio anche perché Atra Mors mi ha ricordato la band tedesca sia per alcune scelte simili a quelle sopra illustrate sia per le atmosfere. Anche gli Ahab sono ufficialmente dediti al “funeral doom death”, ma in realtà, la stessa band (in una recente intervista) dissente dall’affiliazione a quel genere, perché rivendica un personalissimo doom “nautico” o “oceanico”, quanto a ispirazione, dimensioni e immaginario. Ecco, Atra Mors per molti aspetti mi ha fatto pensare a The Giant in versione “terrestre”.
Gli Evoken stavolta hanno forgiato un doom solenne ed opprimente, ma con un più ampio respiro: la band, alla faccia dei vent’anni già trascorsi, è ancora in evoluzione e per niente imprigionata in uno stile rigido. Nonostante i titoli “cimiteriali” delle tracce dell’album, quel che ho sentito non mi ha evocato necessariamente solo scenari luttuosi, ma anche una sorta di “canto” dell’inesorabilità delle Leggi della Natura, della fragilità dell’Uomo e della grandiosità del mondo (o del cosmo). Quindi, secondo me, per celebrare il traguardo del centesimo album di una casa discografica come la Profound Lore, ci sta proprio bene un album di “sintesi” e di “apertura” o “transizione” come questo.
Tracklist
01. Atra Mors
02. Descent Into Chaotic Dream
03. A Tenebrous Vision
04. Grim Eloquence
05. An Extrinsic Divide
06. Requies Aeterna
07. The Unechoing Dread
08. Into Aphotic Devastation