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Eric Holm: oceani di suono o suono degli oceani?

Eric Holm - foto di Euron Jones
Eric Holm – foto di Euron Jones

Eric Holm è un americano trapiantato in Inghilterra, inizialmente a Bristol, dove diventa amico di James Ginzburg (metà Emptyset, e manager di Subtext Recordings), di Paul Jebanasam e di tutto il giro Subtext. Di lui si sa che ha una bambina ed è divorziato, e oggi pare essere un sub professionista, ma non sono certo sia il suo unico lavoro o quello principale. Holm, lo si capisce anche dalle sue risposte, è un field recordist formatosi alla scuola di pensiero (pensiero al quale ha in ogni caso contribuito) dell’etichetta che lo ha adottato e convinto a mettersi in gioco, il che si traduce in un sound molto vasto e potente. Nel 2014 pubblica il suo esordio, intitolato Andøya come l’isola norvegese sulla quale registra i suoni prodotti dai pali telegrafici, ottenendo da essi anche dei battiti che finiscono per avvicinare tutto l’insieme – cupo e asciutto – ai primi Pan Sonic. La svolta sottomarina, inevitabile visti i suoi interessi, avviene col secondo disco, Barotrauma (esatto: i danni che la pressione dell’acqua esercita sul corpo del sub) del 2016, e prosegue con il nuovo Surface Variations, uscito da pochissimo: in entrambi gli album l’ambientazione è chiaramente percepibile, ma a forza di scendere nel profondo è facile astrarsi e perdere contatto con la realtà. Soprattutto Surface Variations regala momenti di autentica beatitudine e distacco dalle minuzie quotidiane, mentre il suo predecessore sembra – visto anche il titolo – un po’ più minaccioso, ma non vorrei che pensaste che ci siano delle differenze radicali, perché li vedo più come episodi di uno stesso documentario. L’intervista che segue ci mette di fronte a una persona umile e innamorata di ciò che fa, inoltre ci permette di aggiungere un nuovo tassello al nostro mosaico (Jebanasam, Fis, Emptyset, Sabin). 

Tre album per te, tutti su Subtext. Come sei entrato nella loro famiglia?

Eric Holm: Ho incontrato James Ginzburg studiando Buddismo e grazie alle mie conversazioni con lui ho deciso di mettermi a fare musica elettronica. Quando ha lanciato Subtext io vivevo con lui e Paul Jebanasam a Bristol, nello stesso appartamento. Quasi contemporaneamente Roly Porter ha pubblicato Aftertime, gli Emptyset hanno trovato una loro voce e Paul e io abbiamo gettato le basi dei nostri progetti, e tutti vivevamo lì.

Subtext è una delle mie etichette preferite, oggi. Forse perché mi piacciono quelle che hanno identità ed estetica riconoscibili. Secondo te che hai in comune con gli altri artisti Subtext?

Onestamente non sono sicuro di poter rispondere bene. Non riesco a vedere la mia musica dall’esterno. Per me è più un mondo che abito. Penso che le altre persone siano in una posizione migliore per dirmi dove sta la mia musica. In ogni caso credo che ci sia una tradizione in Subtext: reale profondità nel sound design, direi che tutti noi facciamo musica che dimostra questa caratteristica in tutta la sua ricchezza.

Gli artisti Subtext sono persone che generalmente lavorano con la musica in tanti modi e da tanti anni. Molti arrivano dalla club culture, ad esempio. So che tu hai un lavoro diverso. Che hai imparato da loro?

I primi tempi a Bristol hanno dato vita a una consuetudine: discussioni che iniziavano la mattina e duravano per tutta la giornata e richiedevano una lavagna per scriverci sopra le idee. Roba molto intensa. Queste discussioni hanno determinato tutto all’epoca. Erano veicoli per realizzare ciò che stavamo cercando di ottenere col suono. Proseguono tuttora in qualche modo, nonostante avvengano a distanza, visto che non abitiamo più nello stesso posto.

Ci sono un paio di tue interviste su web. Nessuno ti ha chiesto come sei diventato field recordist. Qualche artista o etichetta in particolare ti hanno ispirato o ti hanno convinto a iniziare?

Ho iniziato volendo cavar fuori musica dalle “cose”, da oggetti sonori. Che è come io vedo la musica. Sono portato naturalmente a campionare. Nel giro di un anno mi sono procurato un po’ di software e ho finito i suoni che potevo ricavare da film etc, così ho comprato un Edirol e iniziato a registrare materiale per poi processarlo.

Surface Variations non è il primo album basato su field recordings ottenuti sopra e sotto la superficie del mare o dell’oceano. Non è nemmeno il primo disco di questo tipo che ti può condurre in un luogo inesistente e astratto. Semplicemente fa il suo lavoro nel miglior modo possibile. Come hai ottenuto un suono così potente e ipnotico?

Barotrauma e Surface Variations sono sostanzialmente nati dal mio amore per le immersioni e il mare e dal desiderio di tornare in acqua. Tendo a scrivere molto quando mi manca, in quei periodi in cui ne sto fuori. Tutte le emozioni e la passione che dedico all’acqua finiscono allora in ciò che faccio. Lo guidano totalmente.

Perdona la domanda ovvia: che relazione c’è tra Barotrauma e Surface Variations?

Surface Variations continua ciò che ho iniziato con Barotrauma perché entrambi hanno a che fare col mare, e non sono sicuro di smetterla con la musica oceanica: le due cose sono troppo legate, adesso.

Il tuo primo disco, Andøya, origina da dei pali per le telecomunicazioni. Quindi è diverso dagli altri due. Che ti ha fatto dire: “Ok, posso ottenere un intero album dal suono di questi pali”? Mi interessa perché ha tentato di creare dei beat dal materiale-sorgente: i field recordists hanno raramente a che fare col ritmo…

Ero in Norvegia con James Ginzburg e avevo bisogno di una pausa da ciò su cui stavo lavorando, dunque ho preso le registrazioni di queste linee elettriche e ho iniziato a giocarci mentre fuori nevicava e nevicava. La gran parte dell’album suona proprio come il materiale originale, sono suoni “grossi” che richiedono qualcosa di potente. In ogni caso Andøya è stato determinato anche dalla mia frustrazione nei confronti del materiale più visivo e filmico che stavo producendo all’epoca. Quel tipo di materiale che produco anche ora, ma che all’epoca non era ancora ben plasmato.

Subtext fa parte di Multiverse Ltd., che si occupa anche di colonne sonore per film et similia, coinvolgendo anche gli artisti di Subtext stessa. Ti interessano questo tipo di cose? Lavorare a musiche per film, videogiochi, pubblicità…

Beh, ho cercato di entrare alla National Film and Television School per studiare sound design, ma per una serie di circostanze alla fine non ho potuto andarci (ero già sott’acqua in Norvegia quando alla fine mi hanno contattato). Da quella volta non mi sono dato molto da fare in questa direzione, ma ho avuto alcuni compiti di sound design per qualche film, trailer e pubblicità. Non ho mai lavorato a una produzione completa. Mi piacerebbe, ma non ho avuto l’opportunità.

Ultima domanda. Sono in contatto con tanti field recordist italiani. L’argomento di questi giorni è: “Com’è cambiato il paesaggio sonoro intorno a noi durante il lockdown?”. Vorrei sapere la tua risposta.

Temo di non averne una interessante. Mia figlia e la mia ex vivono vicino a Granada in Spagna, in una fattoria sulle montagne. Ero preoccupato per loro quando è iniziato tutto, quindi sono salito sull’ultimo volo utile da Manchester prima che chiudesse tutto e sono ancora in Spagna. Qui, come immaginerai, tutto suona come ha sempre suonato. Sto cercando di registrare gli uccellini, ma questi bastardi mi scappano da settimane!