ENMARTA, Sea Of Black
La Cryo Chamber non va mai in vacanza, costringendoci agli straordinari. Scrivo subito che avrei segnato comunque in rubrica il nome di questo progetto, a prescindere dallo stupore causato dall’apprendere chi si cela dietro Enmarta, e cioè l’italiano Sergio Fulvio Tommasini.
Una sbiadita effettistica industrialoide si accavalla a lunghi passaggi malinconici intervallati con superbe trame epiche dal sapore cinematografico, create con l’insolito uso della viola, affrescando così la parete con intense sfumature classiche o cameristiche (“Aesthetics”). Paesaggio sonori creepy e horror tipici del dark ambient, ma anche mesta inquisizione, torture, sonagli rituali e lame seghettate (“Enmarta” e “Dark Asylum”). Volevo scrivere complicato, ma ho cambiato idea: alla fine Sea Of Black va giù liscio come una bustina mucolitica di Fluimucil. Scegliamo ambiguo o disturbante? Ma sì, dai, ambiguo, anche perché al primo impatto si presenta sia inquieto che triste, e questa cosa mista ha messo in imbarazzo gli ospiti mentali, a tal punto che non sanno se piangere o nascondersi in un angolo buio terrorizzati dal boogeyman raffigurato in copertina (“Ecstatic Paradigm”). Traccia preferita, ovviamente, “Putrefaction Chamber”, perché risuonando cupa e metallica ricorda il tetano e la ruggine, che – come sappiamo ormai tutti – sono entrambe considerate malattie, la prima dannosa per gli umani, l’altra per il ferro.
Proprio per questa sua doppia faccia, Sea Of Black va ascoltato di certo più volte affinché lo si possa apprezzare. Non male per un debutto, si vedono le potenzialità. Su una scala di cinque, al momento siamo a tre stellette – o puffi col pollice in su – e mezzo, scegliete voi l’icona.