ENFORCER, Zenith
Jean Cocteau diceva di imitare, e quello che è personale verrà fuori da sé. Magari fosse così semplice, specialmente nell’heavy metal (spero che Cocteau riposi in pace nonostante l’abbia disturbato per futili motivi), eppure gli Enforcer soddisfano questa massima oltre tutte le aspettative: imitano, copiano e allo stesso tempo sono subito identificabili, il che è indice di sicura personalità. Com’è possibile tutto questo? Sicuramente la voce di Olof Wikstrand è il primo elemento che non si scorda, sia per il timbro, sia per il fatto che canta veramente con cognizione di causa e con la capacità di tessere melodie e armonie orecchiabili pur non avendo le estensioni degli dei Rob Halford, Eric Adams o Ronnie James Dio. Il livello tecnico chitarristico è un altro elemento fondamentale: non siamo a livelli di ginnastica digitale da guitar hero, ma i riff sono spesso velocissimi, e si alternano a parti di batteria molto dinamiche, con frequenti cambi di tempo che non sono certo il pane quotidiano del gruppo heavy/speed medio. Questi elementi hanno fatto la fortuna degli Enforcer dagli esordi fino al qui presente Zenith, che è il loro quinto album.
Squadra che vince… eh no, qua invece si cambia. Perché Zenith si distanzia sensibilmente dai suoi predecessori. Da un lato sono gli Enforcer di sempre, quelli che i fan si aspettano e che non possono essere confusi con altri gruppi. Dall’altro c’è molto più spazio per le armonie vocali rispetto al passato e per pezzi che se fossimo nel 1988 potremmo definire commerciali: chiaramente oggi non si rischia più il patibolo presso la “Metal Inquisition” (per citare i Piledriver) e un pezzo à la Europe come “Die For The Devil” o à la Dio come “Zenith Of The Black Sun” non può essere definito proprio in questo modo in presenza di un gruppo solito frequentare lidi più radicali. Episodi come “Searching For You” e – soprattutto – “Thunder And Hell” ci rendono gli Enforcer velocissimi che quasi lambiscono il primo thrash, ma il baricentro si è decisamente spostato. È un bene o un male? I ragazzi rimangono riconoscibili e i brani mantengono la capacità di entrare in testa dopo 4 o 5 ascolti senza più uscirne (“maledetti svedesi”, dice un mio amico riferendosi ad una presunta abilità melodica nazionale, vedi gli Abba). Eppure c’è una parziale mancanza di aggressività nel loro odierno heavy metal, un po’ troppo sbilanciato sulla raffinatezza a scapito della spinta. Qualcosa mi manca.
Tracklist
01. Die For The Devil
02. Zenith Of The Black Sun
03. Searching For You
04. Regrets
05. The End Of A Universe
06. Sail On
07. One Thousand Years Of Darkness
08. Thunder And Hell
09. Forever We Worship The Dark
10. Ode To Death