ELODIE, Vieux Silence
La musica di Elodie è caratterizzata da confini incerti, sembra costantemente sul punto di sfumare in maniera inesorabile e disciogliersi nel silenzio: quella sensazione di estrema tranquillità trasmessa dalle note del duo è sempre ben temperata da una certa dose di inquietudine, dettata dalla minaccia sottile ma persistente che il tutto si sfaldi d’improvviso fra le mani. Il progetto di Andrew Chalk (artista attivo dai primi Novanta, con alle spalle anche una singolare collaborazione coi New Blockaders) e Timo Van Luijk si avvale, come già in passato, della collaborazione del clarinettista Jean-Noël Rebilly e di Tom James Scott, qui al pianoforte: in aggiunta troviamo la pedal steel guitar suonata da Daniel Morris.
Vieux Silence, decimo disco a nome Elodie, rafforza l’accostamento del repertorio dei due all’impressionismo, musicale ma volendo anche pittorico: se ci si sforza di cavare immagini da questi otto pezzi vengono infatti in mente paesaggi tratteggiati in punta di pennello, dalla luce sempre incerta. Si procede per macchie di suono che – con la loro dinamica ciclica – sembrano delineare lo spumeggiare delle onde (la title-track) o un librarsi notturno sui glissati della pedal steel (“La Nuit Voilée”), o ancora il tranquillo lucore del mattino fra le note svagate e cristalline del piano (“Le Temps d’Antan”). Se avvicinare tali cose a Claude Debussy, o per molti versi a Satie, potesse a qualcuno sembrare irriverente, possiamo pensare agli episodi più crepuscolari dei Necks: non a caso la pubblicazione di questo lavoro segue quella dell’ultimo lp del terzetto australiano su Ideologic Organ, l’etichetta curata da Stephen O’ Malley.