ELENA SETIÉN, Moonlit Reveries
La prima cosa che colpisce di Elena Setién è la voce, piena, densa di materia pur veleggiando leggera sugli sparuti suoni dell’iniziale “Hard Heart”. Basca di San Sebastian e da tempo residente in Danimarca, si muove con un cantautorato pop sopra una musica secca, che prende dal legno e dal folk trasformando le sue scorribande in voli caleidoscopici. Alle pelli un Glenn Kotche ispiratissimo con il quale il disco è stato concepito, che si adopera per ancorare a terra la musica di Elena (polistrumentista che maneggia in scioltezza flauto, tastiere, violino e chitarre), vera e propria sindone crepuscolare di musica antica. Prendete “Surfacing”, chiudere gli occhi ed immaginatevi un rito di risveglio, di contatto fra mondi, insieme leggeri e profondi come dovrebbero essere le anime. Questa ambivalenza nel peso specifico dei brani porta ad uno strano effetto, quasi stessimo ascoltando il disco su un pianeta con una forza di gravità più leggera di quella della Terra e la massa ondeggiasse libera a qualche centimetro dal suolo, sospinta dai soffi e dai respiri dell’artista. In “Asking” Elena unisce spirituale ad r’n’b con New Orleans che appare in una visione nebbiosa, mentre la title-track tiene fede alla sua magica atmosfera, che ci seduce in maniera inquietante e spettrale. È un bizzarro caracollare quello di Elena Setién, che sembra tenere perfettamente i fili del racconto spostando gli assi sotto al nostro equilibrio, forzandoci ad una danza sghemba ed arcaica. Noi balliamo, ancheggiando, tra le braccia delle “Mothers” fino all’astratta “Pintado II”, che chiude un disco francamente inaspettato e che ha il potere di aprirci la porte di un universo da recuperare (sono infatti ben cinque i dischi pubblicati da Elena da solista dal 2013 ad oggi, più una collaborazione con Grande Days e Xabier Erkizia). Compiti per l’estate? Con moltissimo piacere…