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ELECTROCUTION, Inside The Unreal (20th anniversary limited edition)

Inside The Unreal

Ultimamente, come è difficile non tenerne conto, l’attenzione per l’old school nel metal è di molto aumentata. Se cinque anni fa il thrash ritornava in auge, riportando a galla vecchie glorie più o meno note alla maggior parte degli ascoltatori, ora sembra sia la volta del death metal grezzo e primordiale. Però, mentre anche in passato si parlava parecchio dei grandi thrashers nostrani, tanti oggi ancora ignorano che fin da subito nello Stivale erano nate formazioni dedite a quel nuovo sound proveniente dagli Stati Uniti e dal Nord Europa. Tra le band degne di essere rispolverate, come non citare gli Electrocution. Nati nel 1990 a Bologna (da non confondere con quelli salernitani), furono tra i tanti ventenni che all’epoca rimasero folgorati dai capolavori del genere che uscivano in quel periodo. Dopo tre demotapes (No Rest In Peace, The Real Doom e Remains), nel 1993 arrivarono alla meta del primo full length, questo Inside The Unreal, uscito originariamente per la EMI e ora di nuovo sotto la luce del sole grazie al buon lavoro di Aural Music.

Il disco si apre con l’ottima “Premature Burial”, nella quale sono ben evidenti le influenze del quartetto emiliano: i maestri dello US death metal (Morbid Angel, Deicide, Death, Massacre) sapientemente mischiati con quel thrash veloce ed assassino, che – a parte coi famosi Slayer – mirava a far esplodere il contachilometri con band a torto ritenute minori come Dark Angel, Demolition Hammer, Razor e Slaughter. Anche la preparazione tecnica ci fa capire come questi ragazzi fossero imbevuti di tutti gli estremismi, freschi di stampa, che diventarono la bandiera della musica del diavolo: palm muting taglienti come lame, tupa-tupa supersonici, mid tempos, riff semplici ma esemplari, che non disdegnavano anche le partiture intricate e complesse, alternate ad assoli ultratecnici che uscivano a volte a sorpresa, senza mai stonare con la struttura dei brani. La produzione era esattamente quella dei primi anni Novanta, molto vicina a quella dei Sepultura di Arise, altra grande influenza della band (il chitarrista Alex Guadagnoli fu l’unico europeo scelto per rimpiazzare Cavalera, ma la Roadrunner non gradì la sua versione di “Choke”). Ci si chiede come abbiano fatto – vista la quasi totale mancanza di studi adatti a ciò che suonavano – a tirar fuori un disco così restando a Pisa, mentre già allora molti gruppi facevano chilometri di strada per raggiungere luoghi adatti per registrare i loro pezzi. Gli Electrocution per fortuna riuscirono comunque a riprodurre il sound dei loro eroi e il risultato fu un grande album, ben suonato e ben composto, sebbene a tratti potesse risultare un po’ monotono. L’unica pecca di questo lavoro è infatti che pochi pezzi emergono dal resto. Nel complesso riesce nel suo intento, ma scrivere canzoni troppo simili tra loro può stancare chi non ama particolarmente il genere.

C’è da chiedersi ora, a fine ascolto, come mai questa gemma del metallo nostrano sia stata dimenticata e non abbia avuto il riconoscimento che meritava. Forse una spiegazione c’è: i primi anni Novanta, come fu per il grunge, rappresentavano gli anni d’oro del death, e quando Inside The Unreal arrivò nei negozi, nella stessa sua sezione c’erano Individual Thought Patterns e Covenant. Se pensiamo che allora comprarsi un lp era un investimento, possiamo capire bene perché i soldi dei metallari siano finiti su determinati nomi. Purtroppo quei lavori ai tempi rappresentavano l’innovazione, mentre gli Electrocution non erano altro che un eccellente gruppo, ma non originale. Non sono mai stati un clone, ma con dei “concorrenti” del genere non era facile farsi notare, soprattutto se venivi da un posto come l’Italia.

In ogni caso, questo loro unico disco rimane un ottimo esempio di come dalle nostre parti ci fossero gruppi in grado di proporre un death metal come si deve. Non erano gli unici, se pensiamo anche a gente come Enthralment, Excidium, Angel Death o Catacomb. Tutti accomunati dalla dedizione verso capolavori che già facevano scuola in ogni parte del pianeta.

Tracklist 

01. Premature Burial
02. Rising of Infection
03. They Died Without Crosses
04. Growing Into the Flesh
05. Body’s Decay
06. Ghost of Past
07. Under The Wings Only Remains
08. Back To Leprosy Death
09. Behind The Truth
10. Bells Of The End