EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN, Rampen (apm: alien pop music)
Più famosi di Gesù, in patria, o comunque famosi quanto i Beatles, in un altro sistema solare. Ecco perché dal White Album si passa allo Yellow Album, per un giallo-gelb in tonalità acidula decantato come il “true colour” in “Aus Den Zeiten”, che comunque un titolo ce l’ha eccome: Rampen (apm: alien pop music), sulla propria etichetta Potomak. La musica aliena e popolare degli Einstürzende Neubauten A.D. 2024 si situa ancora tra passato e futuro, sia quelli della band, che la Storia l’ha già fatta e può riprenderla in mano così come andare avanti a piacimento, sia quella più in generale degli esseri umani, quando in allontanamento quando in avvicinamento tra loro sotto ai bombardamenti della fine imminente. Dopo ALLES IN ALLEM, dedicato a Berlino, Blixa Bargeld – che nella conclusiva “Gesundbrunnen” scherza affermando che il suo set di strumenti vocali non lo vuole più ma al microfono è efficace da par suo – e compagni hanno proceduto per mezzo di improvvisazioni, avviate in tour e in seguito elaborate in studio, che potrebbero indicare una mancanza di focus nel lasciarsi semplicemente andare al fine di forgiare nuovo materiale. Ma qui ci sono soltanto una libertà e una classe superiori, al solito, nel destreggiarsi tra noise percussivo piegato alla forma-canzone, linee di corde o synth dal groove ossessivo e dilatazioni sperimentali dal minimalismo delicato e possibilista. Ne è venuto fuori un doppio di quindici tracce che immortalano la de-evoluzione dei giorni vigenti attraverso vividi flash testuali, caotici eppure spesso ben sloganistici nel loro mix di lucidità e amara ironia. Nella “Wie Lange Noch?” d’apertura lo si dice, che tutto è già stato scritto e detto, mentre il singolo “Ist Ist” prosegue su uno spaesamento che è anche geografico (I’ve been to the end of Europe / I’ve been to the other side / But it wasn’t there). “Planet Umbra” arriva a immaginare un mondo di sabbie marroni da far impallidire i vermi di “Dune” e “Ick wees nich (Noch nich)” si interroga sul senso del tempo. Se può accadere qualsiasi cosa nei saliscendi sonori e testuali di “Es Könnte Sein”, “Before I Go” chiude i conti con uno struggimento nient’affatto scontato. “The Pit Of Language”, al quale si collega peraltro il successivo “Tar & Feathers”, è l’episodio-chiave: “il pozzo del linguaggio” al quale ricorre espressivamente la comitiva di Bargeld, affastella parole, sillabe e frammenti che ascoltiamo con attenzione, nonché fonemi, molecole e fossili recuperati da un immaginario quasi paleoantropologico, che è poi lo stesso di “Trilobiten”. È un pozzo, profondo, al quale gli Einstürzende Neubauten hanno attinto per spalancare portali verso nuove dimensioni e al quale continuano ad attingere per mantenerli aperti, a nostro uso e servizio. Un bene pubblico.