EHNAHRE, The Marrow
Arriviamo in ritardo sul nuovo lavoro a firma Ehnahre, progetto che abbiamo sempre seguito con occhio attento, in quanto capace di unire una forte componente sperimentale ad atmosfere di grande impatto, oscure e al contempo dense di tensione emotiva. The Marrow, basato sull’omonimo componimento dello scrittore americano Theodore Roethke, ribadisce come i musicisti coinvolti riescano ogni volta a colpire nel segno e stupire grazie a una formula che centrifuga al suo interno musica classica, contemporanea, jazz, ambient, rumorismo e molto altro ancora, così da ottenere composizioni in grado di tratteggiare veri e propri quadri dal forte taglio visivo, quasi cinematografico, nonché vicini per umore a un metal eretico (e ormai mutato). Proprio come in Nothing And Nothingness, basato su un testo di Elise Cowen, o nel precedente Douve, che chiamava in causa Yves Bonnefoy, la band prosegue nella volontà di far incontrare parola e suono, scrittura e musica. Per dar vita a questo crossover senza rinunciare a muoversi lungo coraggiose traiettorie dal forte taglio sperimentale, gli Ehnahre si staccano con sempre maggior forza dalle proprie radici metal per donare espressività e dinamiche appropriate al loro modus operandi, lungo un percorso mai simile a sé stesso nonché ricco di contaminazioni e intrecci tra stili, questi ultimi compressi (a tratti sovrapposti) all’interno di lunghi brani tortuosi. Al solito, non un ascolto facile o da prendere sottogamba, eppure nemmeno l’ennesima stramberia situazionista cui offrire orecchio per pura curiosità: The Marrow trascina chi vi si avvicina in una spirale di emozioni contrastanti e spesso confliggenti come la curiosità e la repulsione, la voglia di lasciarsi coinvolgere e un senso di sporco quasi si stesse spiando qualcosa con morbosità. Noi al solito continuiamo a seguire con estrema curiosità l’evoluzione del gruppo e non possiamo che consigliarvi di fare altrettanto, il gioco vale davvero la candela.