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EDOARDO MARRAFFA, Diciotto

Uscita numero quaranta (peccato non averla scoperta prima) per la Aut Records e secondo disco in solo, a diciotto (!) anni dal primo pubblicato da Bassesfererec, per un nome di certo non nuovo a chi segue le vicende della musica creativa di casa nostra: Edoardo Marraffa, qui sax tenore e sopranino.

Un lavoro ispido e lirico, monolitico, selvatico, potente, caleidoscopico, da ascoltare ad alto, altissimo volume. La voce di Marraffa è viva, vera, convincente; tra pezzi ispirati all’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto , fragori quasi brotzmanniani ma mai così dirompenti (chi scrive non è un entusiasta della modalità pedale pigiato al massimo e pedalare), lune languide di blues informale e sbilenco, il disco è un’indagine, come da tradizione del jazz senza paraocchi, sulle possibilità narrative del solo e sulle strade in cui si può perdere il respiro di un uomo che soffia in uno strumento. Imitando l’imprevedibile geometria vocale degli uccelli ed invocando un convegno di divinità per aggiungere tempesta a tempesta, per apparecchiare minaccia o per non farci crollare il cielo in testa. Qualcosa di titanico, di profondamente poetico, di davvero libero: umano troppo umano. Un disco a cui tornare più e più volte per scorgerne l’enigmatica e primitiva bellezza da ogni possibile punto di vista, di fuga, di ascolto. Prospettive, radici, storia, futuro, orme, ombra, memoria. Un disco che pensiamo sarebbe piaciuto molto anche al Maestro Joseph Jarman, appena scomparso. La speranza è di poter intercettare Marraffa dal vivo quanto prima, a questo punto. Mi era capitato a dire il vero anni fa con la formazione Eco D’Alberi, per quell’occasione a Novara Jazz assieme a Wadada Leo Smith, ma il concerto non mi aveva convinto. Ora, invece, la curiosità di ascoltare una performance in solo dopo un disco così nitido e calibrato non può che essere alta.