ECHO CHAMBER, Antinodal
Ep di 4 tracce per l’esordio di Echo Chamber, trio di base a Berlino con Davide Lorenzon (deus ex machina di Aut Records) al sax tenore, Michele Pedrazzi a synth ed elettronica, e Chris Hill alla batteria. In ottica si dicono punti antinodali di un sistema ottico due punti tali che se un raggio luminoso attraversa il primo, allora deve necessariamente attraversare anche il secondo. Oppure, gli antinodi sono i punti dove l’oscillazione di un’onda stazionaria (le cui oscillazioni cioè sono limitate nello spazio) sono massime. Riferimenti teorici stimolanti e curiosi che dimostrano, ma lo sapevamo già (il disco di Mountweazel ci è piaciuto molto, ad esempio, come quello di Marraffa) come i musicisti coinvolti nelle produzioni AUT Records siano esseri umani – oltre che artisti – con qualcosa da dire. Nel caso di questo lavoro le idee messe in campo sono interessanti, sebbene non sempre a fuoco (la seconda traccia, “Passo Navene”, ha una scrittura rivedibile): il trio sta cercando una sua strada, tra giochi di specchi minimali, rifrazioni electro, polvere di psichedelia e una pronuncia non sempre convincente. In particolare sono l’elettronica e il suono del synth a destare qualche perplessità, sospesi tra languori quasi ECM (l’ultimo pezzo, “Risorgiva”) e ruggini urbane che non brillano. Se la camera dell’eco è l’immagine scelta per simboleggiare un ambiente in cui le notizie, le idee e le credenze vengono amplificate dalla comunicazione stessa o dalla ripetizione, suggeriamo al trio di non temere di andare a nozze con il buio di questa caverna reale e metaforica, abbandonare la tentazione della didascalia e aggiungere grammi di acidità alla loro miscela. Il groove insistito di “Jabazzu’s Dream” funziona a dovere, le astrazioni e poi i rigorosi furori jazz core di “Treppenwitz” dimostrano che la scintilla c’è: va coltivata con disciplina, a parere di chi scrive deviando dalla strada della melodia (oppure disastrandola, ecco) per concentrarsi su texture e incastri ritmici.