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Due dischi Cosmo Rhythmatic: Irregular Territories (Sophia Loizou) e Ignis (Vainio e Vigroux)

Come già raccontato, Loizou vive a Bristol e artisticamente si sistema in una delle tante zone di confine tra elettronica d’ascolto e dance.

In Irregular Territories prende jungle e drum’n’bass e li scompone: i pezzi sono sempre sul punto di partire, ma si fermano, i beat schiacciano un tasto nel cervello, ma restano imprigionati lì e non scendono mai ad agire su bacino e gambe. Sarebbe impossibile ballare su queste tracce, eppure la familiarità dei giri ci riporta agli anni Novanta e ai club dove si andava alla ricerca di ritmiche spezzate. Se uno ha ascoltato Singulacra, il disco che precede Irregular Territories, allora capisce il trucco: non stiamo ascoltando jungle e drum’n’bass, ma il ricordo che di essi ha Loizou, l’eco di qualche notte e di qualche after (è ok pensare a Burial, per carità) che si infila nei sogni della sound artist, trasmettendo uno strano senso di benessere. Come hanno sottolineato tutti, se da un lato ci si rivolge verso il passato, dall’altro, lo smontare e rimontare i battiti della jungle e il ri-collocarli in un contesto astratto e di percezioni alterate può essere la strada per un genere musicale futuro. È il caso di scrivere “staremo a vedere”.

Peau Froide, Léger Soleil (2015) era un buon disco, con una delle copertine più suggestive (e rubate) degli ultimi anni. Non ho difficoltà a credere che Mika Vainio e Franck Vigroux avessero conservato nel cassetto qualcosa di buono rimasto fuori dalla sua tracklist e sono certo che quest’uscita collaborativa postuma (Vainio è morto nell’aprile 2017) sarà anche l’ultima che sentiremo, senza sfruttamento di un nome in questi anni decisivo.

V & V, come ho già scritto in passato, parlano quasi la stessa lingua, tanto che quando l’ho intervistato, Franck ha ammesso senza giri di parole sentirsi parte del mondo dei Pan Sonic. Ignis dimostra una seconda volta come assieme fossero in grado di spedirci in uno Spazio a metà strada tra horror e fantascienza, ma anche di scatenare forze devastanti. In pezzi come “Luceat Lux” queste loro capacità sono tutte in campo: siamo in orbita, quando un’esplosione (*) e ci lascia storditi sul pavimento dell’astronave, con la paura che qualcosa possa ancora deflagrare e che il veicolo sia compromesso. Non male nemmeno “Feux”, che chiude il disco e dimostra come V & V siano in grado pure di fabbricare ritmi ansiogeni, potenti come tutto il resto della loro produzione.

Pubblicazione imprescindibile? Non so cosa sia imprescindibile oggi. Di sicuro intrattiene a dovere chi come me ascolta spesso queste cose.

(*) quando vi sembra che il rumore incendiario provenga da una chitarra iper-effettata o iper-trattata, in realtà si tratta sempre di synth, nonostante entrambi abbiano sperimentato sulla sei corde negli ultimi anni (me l’ha precisato Vigroux, sempre in sede d’intervista… fate le interviste… le interviste servono).