dTHEd, Hyperbeatz vol. 1
This is a purely post-human music”
Ibridare, mescolare, rendere appetibili ritmi impossibili: questi sembrano essere gli ingredienti della ricetta proposta dal trio (umano) composto da Fabio dei vonneumann e dai due Ask The White, Isobel Blank e Simone Lanari. In realtà, tengono a specificare che sono in quattro: è, infatti, compresa l’intelligenza artificiale delle macchine utilizzate per l’album. Il titolo, Hyperbeatz vol. 1, oltre a suggerire che ci potrà essere un seguito, fa pensare a degli esperimenti sonori arditi, e gli esperimenti, si sa, a volte riescono e a volte no. Soprattutto si tratta di prove, figlie dell’intuizione del momento e, allo stesso tempo, di lunghe riflessioni, di studio e di particolari predisposizioni artistiche. Se i vonneumann restano dei campioni in fatto di musiche complesse, anche questo progetto (che trae ispirazione dal recente libro di Timothy Morton, “Hyperobjects”) non è da meno, e ci vuole coraggio nel buttarsi a capofitto in una specie di folktronica aliena, “ªcçr_mщ”, o nello scimmiottare, restando credibili (pop-like, dicono loro…), Björk in “ŞmpŁø-π”, addirittura nell’impostare una melodia che si fa ricordare, “5ẘrƓn^”. Non è semplice rendere piacevole delle tracce in questo tipo di contesto compositivo che gioca con l’estremo, col post-umano. Un discorso simile si può fare anche per “ⱴŁηə3”. La conclusione è per “Ƨiănƕηm]đʉ”, versione transgender di un folk secolare, come rinchiudere a forza i Matmos in un laboratorio con a disposizione miliardi di campionamenti da tutto il mondo, pure da altri pianeti. Non si tratta di un disco semplice, lo avrete capito, a volte sembra compiacersi un po’ troppo della propria capacità di rendere penetrabili i generi, ma ai tre va dato atto di avere avuto tanto coraggio e ambizione.