DRUIDS, Shadow Work
Dopo il successo riscontrato con Monument del 2019, i Druids di Des Moines, Iowa, sono approdati alla berlinese Pelagic Records, che ultimamente in ambito post-metal sta sfornando dischi notevoli (Shy, Low; Horte; Wang Wen; Som; Playgrounded; Bruit ≤). In questo terzo album, Shadow Work, le influenze del trio statunitense si allargano a territori genericamente post: si invocano come riferimento persino i Radiohead, per una musica che contiene più o meno di tutto, dal doom esoterico degli Om al post-metal complesso dei Neurosis (somma ispirazione), aperture melodiche, sospensioni psichedeliche e groove serpentini che si esprimono in otto tracce che, tolta l’iniziale “Aether”, sono materia piuttosto plastica, delle vere e proprie jam che si lasciano andare o cambiano repentinamente mood. L’etere è proprio l’elemento rappresentativo dei Druids: Shadow Work ondeggia e fluttua in liquami che ormai col metal in sé e per sé hanno poco a che fare. Siamo già oltre, in un mondo oscuro e algido. I Druids dicono che questo disco vuole rappresentare il senso di precarietà di questi anni: la loro musica sembra essere una colonna sonora più che adatta all’ennesima fine del mondo.