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AL DOUM & THE FARYDS, Cosmic Love

AL DOUM & THE FARYDS, Cosmic Love

Il gruppo milanese ci pare occupi una posizione diciamo più “defilata” nell’eterogeneo underground di casa nostra (e già il precedente Positive Force ci aveva colpiti per la naturale predisposizione verso suoni “lontani”). Loro in sostanza sono quelli che hanno maggiormente vissuto sulla pelle tutta una stagione ormai storicizzata (psichedelia, rivalutazione delle cosiddette musiche “etniche”, anche certa “improvvisazione”) e questo Cosmic Love lo dimostra appieno, andando però oltre alcune ovvie chiavi di lettura (in fase compositiva il tutto si regge comunque su di un coscienzioso rispetto delle regole). Va fatta una premessa: se non siete avvezzi a sonorità di questo tipo è forse il caso che ve ne stiate alla larga, se invece vi piace sentire l’odore della giungla, e magari “perdervi” pure (l’esotismo “colorato” e la delicatezza di “Space Polyrythmo”), adorate i colori accesi (l’iniziale “Sagra”) e vi sentite a vostro agio coi cori felici della saltellante title-track, sarete in piena sintonia con questo disco. Per completare il quadro, è giusto menzionare la tempesta psichica della lunga “Island”, il miraggio di “Harappa” e, soprattutto, “Landed”, con quel cantato quasi “sciamanico” posto in chiusura proprio per sottolineare che di “viaggio” si è trattato, di quelli decisamente stordenti e positivi (interessante la coda elettrica) e che, sotto sotto, possono potenzialmente “cambiarti” la vita.