D’ORA STELLA, S/t
La mia casa è un camper. E ho un can’ per la coda. Ma in tre ci si sta. Dammi un giorno di felicità.
Dicono che chi non lavora. L’amore non fa…? Noi proviamo… che non è la verità.
Tienimi stretto. Grandina sul tetto… Se butta proprio male. Farò un lavoretto…
Voglio partire, tu hai impegni a venire? Io soltanto un disco da finire…
La mia casa è un camper. E ho un can’ per la coda. Ma in tre ci si sta. Dammi un giorno di felicità.
Pozzanghere dopo un temporale, aria che odora di sterco e paglia, pescheti e un camper parcheggiato chissà da quanto tempo nell’aia. Questo mi viene in mente ascoltando i fragili acquerelli pop di Aldo Becca, già dietro la Palustre Records (e Case del Vento), piccola e stralunata realtà romagnola che giusto dieci anni fa se ne usciva con edizioni ultra-limitate di outsider come Enzo Franchini (in combutta con un giovanissimo Valerio Cosi) o con le strane magie free-folk dei sodali Andrea Lepri e Matteo Allodoli. In un certo senso abbiamo per le mani una sorta di bignami del suo mondo musicale (i pezzi vanno dal 2011 allo scorso anno) e Becca non fa mistero di amare proprio il folk più intimista, quindi siete avvisati: ci troviamo di fronte a quelli che paiono brevi e accigliati sketch bucolici (“Specchiarsi, Tra Fronde Orfane”, qui c’è il tocco di Giovanni Lami) o addirittura riletture in odor di Novanta (come tutto l’artwork della cassetta, d’altronde, quelle foto e il font usato sono inequivocabili) di “Un Horror Che Non Va In TV” e la stessa sensazione si ha con “Nota Nata Rotta”.
D’Ora Stella, vi interessi o meno, trasuda onestà e nudità come poche volte mi è capitato di constatare e ci conferma la passione incondizionata della svizzera Old Bicycle Records per una forma di pop libero e sempre poco classificabile. Meglio così, per tutti.