DISFUNERAL, Blood Red Tentacle
Uno stereotipo (volendo) positivo sui francesi è quello che presume siano particolarmente legati alle tradizioni (le loro). Per questo qui si assiste a un fenomeno piuttosto interessante, poiché questa band francese riesce a essere davvero convincente nel proporre un death metal arcaico (sono i Disfuneral stessi a definirlo così) che attinge a piene mani tanto dalla tradizione svedese, quanto da quella americana di fine anni Ottanta e inizio Novanta.
Il gruppo nasce nel 2015 a Nancy, dalle ceneri degli Herpes, pubblica un ep nel 2017, ristampato nel 2021 da Redefining Darkness, che si occupa anche di questo primo full-length, uscito il 15 aprile con titolo Blood Red Tentacle. Nove brani per un totale di circa mezz’ora di musica, dove tutto suona intenzionalmente nostalgico: sembra di sentire gli Entombed degli esordi, se non addirittura i Nihilist, con qualche momento più “americano”, sfacciatamente ispirato ai primissimi Death, penso alla title track che strizza l’occhio a “Zombie Ritual” nella parte iniziale, per poi assumere un’altra forma non meno spaventosa.
È tutto squisitamente orrorifico, catacombale e in linea con quell’estetica death metal che non passa mai di moda e che, a dire il vero, ha dato vita a una serie infinita di cloni dei padri fondatori, tanto “bravi scolaretti” quanto mortalmente noiosi e privi di personalità. Nel caso dei Disfuneral e di questo debutto è difficile non vedere la tendenza riprodurre un sound già molto e riproposto a più riprese negli ultimi trent’anni: qui, però, a differenza dei cloni sopracitati, siamo di fronte a una band davvero capace di scrivere – eseguendoli come si deve – brani efficaci, la cui componente melodica è sempre presente e mai soffocata dall’aggressività del sound complessivo. Non ci sono reali punti deboli in Blood Red Tentacle e nemmeno reali sorprese: è un buon album che si presenta per quello che è, e che mantiene le promesse. Chi è cresciuto a pane e Left Hand Path, e che ancora (come me) piange per la prematura scomparsa di L-G Petrov, troverà questo lavoro piacevole, seppur, forse, un po’ manieristico.