DISCOMOSTRO, Mostropatia
Mostropatia è il capitolo finale di una trilogia iniziata nel 2016 con Mostrofonia (la definizione di un suono/linguaggio e la presa di coscienza del sé) e proseguito nel 2018 con Mostroscopia, una sorta di auto-autopsia con cui i Discomostro si analizzavano e andavano alla ricerca delle radici del loro malessere esistenziale. Con questo ultimo capitolo il mostro scende in strada e osserva il mondo che lo circonda, a partire da quell’apertura acustica che prende di sorpresa e toglie gli appoggi all’ascoltatore prendendolo per le budella prima di rovesciargli addosso una descrizione cruda e priva di filtri della fauna umana che lo circonda e di cui fa parte. Eppure, nonostante la brutalità con cui le nostre debolezze, i nostri traumi, le nostre angosce interiori sono dipinte, non tutto è ciò che sembra e a scavare sotto la superficie si scoprono piccoli indizi cui aggrapparsi per cercare una chiave di sopravvivenza, un modo per imparare a convivere con il mostro. Le note con cui la band, formata da ex Skruigners, Laforcah, Tommi E Gli Onesti Cittadini, si esprime sono quelle di un hardcore punk profondamente venato di noise-rock, urticante e personale quel che basta per imporsi all’attenzione senza dover scomodare paragoni ingombranti, perché in questa ultima puntata della trilogia sembra essere perfettamente a suo agio nell’inserire persino una melodia e un giro rock’n’roll in “Troppo”, con quell’incedere cui è difficile resistere, così come poi nel buttare all’aria per assalire l’ascoltatore con un testo che parla di sessualità senza limitarsi nell’utilizzo di termini diretti e di riff martellanti e ossessivi. Sanno tuffarsi nella ferocia delle lamiere che si contorcono e tritano cemento come succedeva nella New York del millennio scorso per poi ricoprire con una trama malinconica quasi screamo “Diciotto”, il tutto senza perdere mai una propria cifra e una propria direttrice che è poi quella del malessere e del cercare di sopravvivergli in qualche modo. Perché quella dei Discomostro non è una dichiarazione di resa, ma un grido di rivalsa, di voglia di uscirne fuori e di non cedere alla depressione e al male di vivere. Se questo terzo capitolo è la fine di una parte del percorso, attendiamo con curiosità di vedere cosa succederà ora, ben sperando che cominci un nuovo capitolo nella vita del mostro.