DIRGE, Lost Empyrian
Settimo album per i Dirge. Settimo sigillo di una carriera iniziata più di venticinque anni fa, all’insegna di una costante ricerca/sperimentazione, che fosse l’industrial metal degli esordi o l’approdo post-hardcore. Approdo iniziato con il seminale Wings Of Lead Over Dormant Seas, album del 2007 che contrassegnò questa virata stilistica.
Lost Empyrian riesce a essere la summa artistica dei Dirge, la loro quintessenza musicale, dove interagiscono tutte le sfumature cangianti che hanno formato il loro suono. Nulla di particolarmente sconvolgente rispetto agli ultimi album, ma quanto si ascolta nelle sette canzoni che compongono il disco è il giusto equilibrio tra potenza, melodia ed espressività malinconica, che si evolve in aperture quasi epiche per cambiare poi in esplosioni oppressive che lasciano il cuore e l’animo ferito. Un continuo movimento sinusoidale, come onde telluriche e momenti di vuoto esistenziale, tra chitarre ipersature e tastiere che compongono paesaggi quasi siderali. Ne è testimonianza la debordante “Algid Troy”, una canzone che racchiude in sé tutto l’immaginario dei Dirge: un incedere che non lascia respiro, tra sfuriate quasi sludge e deflagrazioni mistiche di melodie stratificate, e un lavoro certosino con gli arrangiamenti, soprattutto gli intrecci vocali, dove l’espressività del cantato pulito rende ancora più angosciante tutta l’opera.
Se in una certa fase della loro storia i Dirge potevano essere definiti eleganti simulacri di Neurosis ed Cult Of Luna, con Lost Empyrian lasciano dietro i maestri per ergersi loro stessi a guide in un panorama musicale che ha sempre bisogno di cuore ed anima.