DIABOLICUM, Ia Pazuzu
Arcturus e Dødheimsgard nel 2015, Mayhem (li chiamo così per comodità) e Mysticum nel 2014. Tutti ritorni – e dopo lunghe o lunghissime pause – che sorprendono per potenza. Adesso, dopo quattordici anni, riappaiono anche i Diabolicum, come il peggiore dei nemici. Sono un gruppo svedese che scoccia definire “minore” e che, come almeno tre band su quattro appena nominate, sviluppa il discorso dei Thorns. A parte qualche suono elettronico brutto/ingenuo (a fronte di altri momenti atmosferici molto azzeccati), mi trovo di fronte a un altro disco che mi fa riflettere su quanto negli ultimi anni abbia voluto accontentarmi.
Comincio dalla copertina: protagonista Pazuzu, raffigurato come da tradizione – cioè come lo vede Max von Sydow all’inizio de “L’Esorcista” – dal francese Maxime Taccardi con inchiostro e il suo sangue, dove con “il suo” intendo quello di Taccardi… quello di Pazuzu sarebbe stato il massimo, lo so. La musica riparte all’incirca da dove i Diabolicum s’erano fermati: drum machine a mille, una chitarra a fare massa, un’altra a tagliarti in due, qualche tastiera essenziale, spezzoni dark ambient con effetti e campionamenti – si diceva – quasi sempre ok (la band deve aver presente anche i Limbonic Art). Ospite alla voce Niklas Kvarforth, ma non è questo il punto. Il punto è che nel 2015 il gruppo è ancora spietato, un meccanismo messo in funzione in modo irreversibile e mortale: questa è l’idea di fondo del cosiddetto “industrial black metal” e loro la fanno sentire concreta, dolorosa, variando quel tanto che basta.
Ia Pazuzu, rispetto a Esoteric Warfare o A Umbra Omega, è forse quello che più ripercorre una strada già tracciata, ma non gli manca davvero nulla. Chi volesse più originalità potrebbe sempre andarsi a sentire i suoni tipo Nintendo di The Ark Work. Quasi lo invidio. Quasi.
Tracklist
01. Baxxar Ehl Uhza
02. Void Of Astaroth
03. Silent Spring
04. Genocide Bliss
05. Salvation Through Vengeance
06. The Abyss Of The Shadows
07. One Man’s War
08. Angelmaker
09. Ia Pazuzu