DEVID CIAMPALINI, Eterna

Immaginate di entrare in una piccola, anonima libreria dell’usato. Immaginate, come spesso accade, di trovare un intero scaffale pieno di vecchi numeri Urania. Aprite uno di questi volumetti polverosi e vi accorgerete che le utopie rivoluzionarie e ambigue in esso contenute non compaiono ai vostri occhi sotto forma di parole. Le pagine, in realtà, contengono soltanto suoni. Ora immaginate che questi siano stati creati da un’intelligenza artificiale. Come suonerebbe un Urania, riprodotto dall’AI? Probabilmente come Eterna di Devid Ciampalini o qualcosa di simile.

Musicista autodidatta, cosmonauta del noise, a suo modo archeologo del suono, Ciampalini crea dialoghi molto efficaci tra l’universo digitale e quello analogico. Se guarda al passato, lo fa con la stessa intenzione futuristica dei Boards Of Canada, coi quali condivide quantomeno l’immaginario fantascientifico. Il musicista toscano è da sempre fedele praticante del do it yourself e ha lavorato a innumerevoli progetti, oltre ad aver fondato il collettivo Ambient Noise Session. Eterna è il suo secondo album, dopo Sorgente (ma in realtà il suo primitivissimo album solista, autoprodotto, risale al 2014 ed è ora disponibile). Cos’è, in fondo, la musica di Devid? Elettronica? Musique concrète? Soprattutto: da dove viene? È musica “che accade”: fenomeni macro e microacustici provenienti da dimensioni parallele, voci sovrumane che sfuggono persino alla volontà del loro creatore. Lui, al pari di un medium durante una seduta spiritica, lascia che le forze invocate lo attraversino come il vento attraversa una canna vuota. Niente, tuttavia, viene davvero lasciato al caso. Dietro queste impressioni sonore vi è una direzione molto consapevole. Ciampalini manipola molto bene la materia che ha a disposizione, e qui troviamo, tra le altre cose, field recordings, nastri magnetici, sintetizzatori, librerie di suoni orchestrali, persino uno Yamaha CX5M del 1984. Eterna è probabilmente la sua produzione più matura, una vera e propria operazione di worldbuilding, tant’è che potremmo quasi definirlo un concept, se non fosse che la narrazione è totalmente libera, lasciata vivere in tutto e per tutto nell’immaginazione di chi ascolta. Nelle brevi note di copertina scritte da Luigi Monteanni abbiamo delle informazioni che possono aiutare a ricostruire un contesto: siamo nell’anno 3388, precisamente in un pianeta chiamato, appunto, Eterna. Diviso in dieci capitoli, proprio come un’opera letteraria, con un prologo che accenna un breve frammento orchestrale di kubrickiana memoria, fin dall’inizio va alla velocità della luce verso paesaggi labirintici che, impreparati, non riusciamo a identificare. I suoni che udiamo sono messaggi in lingue sconosciute che dovremmo decifrare? I primi vagiti di macchine che stanno per acquisire l’autocoscienza o che, al contrario, stanno perdendo il controllo? O potremmo pensare che questi suoni sono in realtà prodotti da un sistema nervoso che registra l’imminente inizio di un’esperienza extracorporea? Il capitolo 2 ci porta verso orizzonti più melodici, una composizione contemplativa a metà tra il tema di “Begotten” e le colonne sonore dei film di Cosmatos. Il punto di forza di Eterna è l’equilibrio tra noise e altro materiale più etereo, ad esempio il capitolo 4, che ricorda vagamente le atmosfere dei primi videogiochi “Silent Hill”. Per lo più l’album è composto di tracce brevi, molte delle quali ispirate soprattutto ai bumpers televisivi degli anni Novanta. Tra le composizioni c’è sicuramente il capitolo 5, dove una sorta di gamelan acquatico ci culla dolcemente verso spazi interstellari, intersecandosi a suoni più oscuri che ne minacciano il percorso. Pare quasi di aver messo la videocassetta rovinata di un documentario sull’occulto musicato da Egisto Macchi sotto acidi. Nel capitolo 6 si ha persino la sensazione di poter vedere e toccare la flora e la fauna di questo pianeta sconosciuto. Cosa sta accadendo in Eterna? È abitato? Forse non più, e quello che abbiamo tra le mani è la testimonianza di una civiltà ormai estinta. O forse siamo noi i veri abitanti di Eterna, coloro che hanno la possibilità di ascoltarlo. Nell’ultimo capitolo, probabilmente il migliore, scopriamo che gli esseri metaumani hanno una voce, e con questo loro lungo celestiale coro ligetiano ha termine l’odissea.