Destruction: born to thrash, grown to… thrash!
Riccioli e cartucciere. Questo ciò che il vocabolo “Destruction” veicola in automatico nella mia mente in qualsiasi contesto lo incontri. A tal punto è iconica la copertina di Sentence Of Death, soprattutto nella testa facile da impressionare di un adolescente. In tal florilegio di crini, cuoio e ferraglia è racchiusa l’essenza del thrash metal tedesco. Quel 12″ fu il disco che diede il via alla supremazia teutonica nel genere, era il novembre 1984 e sia Sodom che Kreator, sebbene già attivi, furono anticipati nei loro esordi discografici. I fan si ricorderanno che la copertina della stampa americana su Metal Blade aveva una foto diversa, ma la sostanza iconografica era comunque la medesima. Pure la sostanza musicale fu definita una volta per sempre: i veloci riff di Mike grondanti note più che pennate e gli urletti di Schmier sono ancora gli stilemi per cui i Destruction vengono ricordati e amati, sebbene sotto i ponti, negli anni successivi, sia passato un po’ di tutto. Del resto i Destruction che ancora oggi vengono imitati sono questi, si vedano in proposito i devoti norvegesi Deathhammer che tengono alta questa bandiera con gran costrutto. È questo il destino degli originatori che non riescono a scrollarsi di dosso il proprio passato, vale per decine e decine di musicisti. Curiosamente Sodom e Kreator foraggiano tuttora epigoni che si rifanno anche al loro secondo periodo, perché se Extreme Aggression o Agent Orange sono stati influenti al pari di Pleasure To Kill e In The Sign Of Evil, purtroppo lo stesso non si può dire per Release From Agony. Ma procediamo con ordine. Non è un caso che nuovo live Born To Thrash, registrato al Party San Festival del 2019, contenga ben due pezzi (su un totale di dieci) da Sentence Of Death, gli inamovibili dalla scaletta “Total Desaster” e “Mad Butcher”. Sentence Of Death fu seguito da Infernal Overkill, un disco a piena durata questa volta, che espandeva la ricetta del predecessore mantenendo inalterata, peraltro, la quantità di riccioli e cartucciere nelle foto promozionali. Il primo pezzo del lato B, “Bestial Invasion”, è il classico che non può che chiudere la scaletta dei concerti. Il 1986 fu l’anno dell’uscita di Eternal Devastation, secondo alcuni il miglior disco del gruppo. Probabilmente è vero, è più maturo, come si suol dire, e quello in cui, tra l’altro, la quantità di ammennicoli estetici cominciò a calare. “Curse The Gods”, il pezzo che lo apre e che innesca anche questo live, è un altro classico imprescindibile sul palco. Non manca nemmeno “Life Without Sense”. E con questo già cinque brani su dieci sono andati, e di nuovo non si tratta di una coincidenza. Non si tratta solamente di esigenze commerciali di revival, le stesse che hanno portato i Metallica, per esempio, a recuperare in lungo e in largo Kill ‘Em All nelle loro scalette degli ultimi anni, perché la storia creativa dei Destruction prese una piega particolare, a un certo punto. Il 1987 fu segnato da un nuovo mini, Mad Butcher, con un rifacimento dell’omonimo pezzo, e da Release From Agony, la quinta uscita in solo quattro anni. L’aggiunta di un secondo chitarrista caratterizzò un periodo che, al pari di Sodom e Kreator, vide la band cercare suoni più elaborati e canzoni più costruite, con risultati eccellenti per quanto mi riguarda, ma col senno di poi senza avere quell’impatto che ebbero invece gli altri colleghi della sacra triade germanica del thrash. La personalità musicale non era altrettanto forte e questo periodo condusse all’epitaffio della prima parte della carriera dei Destruction, con quel controverso e divisivo Cracked Brain del 1990, registrato con André Grieder degli svizzeri Poltergeist alla voce. Questo disco, di buon livello, ma privo del carisma di Schmier, fu preceduto da Live Without Sense, album dal vivo le cui “Reject Emotions” e “Release From Agony” mi sarebbe piaciuto sentire suonare in una nuova versione concertistica dai Destruction attuali. La prima delle due è quantomeno stata recuperata nel loro disco live del 2009.
Il quadriennio 1994-1998 è il momento buio dei Destruction, segnato da tre dischi, due mini (il primo omonimo e il secondo intitolato Them Not Me) e un full length (The Least Successful Human Cannonball), tutti con formazione che ruotava intorno a Mike e tutti presto ripudiati. Ahimè, non si può negare l’insignificanza di queste uscite. Almeno Cold Lake dei Celtic Frost creò un dibattito, questi passarono proprio inosservati. Nel 2000 ci fu l’inaspettato ritorno di Schmier in formazione con All Hell Breaks Loose, un buon disco thrash cui evidentemente i nostri tengono, dato che è qua omaggiato con “The Butcher Strikes Back”. Da questo punto in poi la carriera dei Destruction è nuovamente decollata con momenti più che dignitosi (Born To Thrash contiene anche “Thrash Till Death” e “Nailed To The Cross” da The Antichrist del 2001) ma, mi duole dirlo, non eccezionali. Per giungere infine a Born To Perish dello scorso anno, da cui provengono i restanti due pezzi che compongono questo live. È molto difficile per gruppi di questo genere far uscire novità che oscurino un passato così glorioso: non vale solo per i Destruction ed è probabilmente una missione impossibile all’interno di un genere conservatore come il metal. Resta la piacevolezza di ascoltare del buon materiale che poco ha da invidiare a numerosi gruppi più giovani, sebbene, va ricordato, non certo a tutti.