Demonomancy: il giorno del Giudizio
Uno dei dischi che ci è più piaciuti del 2018 è senza dubbio Poisoned Atonement, dei romani Demonomancy, uscito per Invictus. Nato nel 2008, il power trio capitolino si è fatto strada velocemente nell’underground, catturando l’attenzione della Nuclear War Now!, etichetta di indiscutibile importanza e spessore nel panorama black/death. Dopo un mini lp, un primo full length (Throne of Demonic Proselytism) e uno split con i Witchcraft finlandesi, questo secondo disco vede ci riporta un sound più maturo ed improntato su un death metal sulfureo e molto personale, che li rende molto più riconoscibili rispetto a molte altre formazioni nello stesso genere. Abbiamo fatto qualche domanda a The Unbaptized Shepherd, compositore principale della band e unico membro rimasto della line up originale (sui dischi precedenti è noto come Witches Whipping).
Il 2018 ha visto l’uscita del vostro secondo album, Poisoned Atonement, a distanza di quattro anni dal precedente Throne Of Demonic Proselytism. Questo nuovo disco è molto più maturo e variegato. Il cambio quasi totale nella line up ha inciso nel processo compositivo?
The Unbaptized Shepherd: Il cambio di line-up ha sicuramente inciso, ma probabilmente non nel modo in cui tutti si aspettavano. Il primo tentativo di rivoluzionare il nostro sound fu con il brano “Archaic Remnants Of The Numinous”, creato da me e arrangiato in vari mesi con la vecchia line-up, modellandolo sui gusti di tutti i membri.
Quando imparo nuovi metodi creativi cerco sempre di migliorarli esponenzialmente, quindi la rivoluzione sonora si era già aperta con la formazione vecchia. Sicuramente l’ingresso del nuovo batterista Herald e la sua fiducia verso i Demonomancy mi hanno influenzato molto positivamente nel re-immaginare il nostro sound da capo. Con una nuova line-up pronta all’azione la mia fantasia ha ricominciato a viaggiare lontano, ma non ti nascondo che i cambiamenti che ho deciso di apportare hanno stupito anche i nuovi membri, che sapevano di doversi aspettare qualcosa di nuovo ma senza sapere esattamente cosa. Il primo ascolto della demo di “The Day Of The Lord” lasciò il resto della band un po’ perplessa inizialmente, visto il distacco molto evidente dal vecchio materiale (ma anche da buona parte del nuovo), e la mia decisione di inserire un acuto all’inizio di “Fiery Herald Unbound (The Victorious Predator)” fu oggetto di dibattiti.
A disco uscito, promosso e celebrato dai fan, scelte come queste sono ad oggi la normalità, motivo per cui sto cercando nuove idee che possano sollevare altri dibattiti: solo in quel modo sarò sicuro di star lavorando bene.
Il brano “Archaic Remnants Of The Numinous” (che già registraste nello split con i Witchcraft finlandesi) è ispirato da alcuni scritti di Carl Gustav Jung. Quale aspetto delle sue teorie vi ha colpito? In che modo queste entrano in relazione col vostro concept esoterico?
Dal punto di vista strettamente musicale, il brano è molto lontano dalla “forma canzone” e segue una linea temporale in cui gli elementi non si ripetono quasi mai o riappaiono sotto un’altra forma, un po’ come un viaggio, nello specifico un viaggio verso l’inconscio. Mi ha sempre attirato il tono epico, arcaico, biblico e onirico dei lavori di Jung e delle descrizioni di alcuni dei suoi sogni; l’intro del brano (versione dello split) e la parte cantata in “clean” ne sono un chiaro esempio.
Ad ogni strofa ho dato un piccolo titolo corrispondente ad alcuni dei concetti basilari di Jung (L’Archetipo, L’Ombra, Neuroticismo, Il Complesso).
Mi interessava ottenere un aspetto orrorifico–psicologico parzialmente astratto più che di creare un concept… mi sono solo preoccupato di uguagliare con le parole il livello di follia della musica.
“The Day of The Lord”, del quale è stato girato anche un video, è il pezzo che più emerge per il suo incedere epico e monumentale, nonché per il tono quasi “profetico” del testo e della linea vocale. Cosa puoi dirci di più a riguardo?
Mi ritengo una persona razionale e non credo in Dio, nonostante ciò sono molto affascinato dalla letteratura sacra e trovo i racconti biblici molto evocativi.
Con The Day Of The Lord volevo semplicemente spiegare, utilizzando i toni dell’Antico Testamento, che se Dio esistesse non ci amerebbe affatto.
Giorno dopo giorno devo abituarmi a una cultura in continuo cambiamento – che annega in piaceri effimeri e gratificazioni istantanee – in cui non mi riconosco moralmente. La “Babilonia Rinata” di cui parlo nella canzone è proprio la società occidentale in cui non riesco ad ambientarmi. Amo l’ordine e l’autodisciplina ma Roma, la mia città natale, così come il resto dell’occidente, mi ha sempre dato solo caos, disordine, corruzione bieca e la mancanza di una morale. L’idea di una punizione divina compensa il senso di impotenza che talvolta provo in questo mondo. Quando leggo della pioggia di fuoco e zolfo che si abbatte su Sodoma e Gomorra mi perdo in fantasie estatiche, sognando che tutto ciò possa accadere realmente.
Ci sono dei luoghi a Roma che vi hanno ispirato per i vostri brani, come ad esempio, la Porta Alchemica?
Il simbolo in copertina nel primo demo, che riappare anche nelle copertine di Rites Of Barbaric Demons, The Premonition e nel sigillo all’interno di Throne Of Demonic Proselytism è lo stesso della Porta Alchemica. Inoltre, in Throne abbiamo anche inserito l’epigrafe “FILIUS NOSTER MORTUUS VIVIT REX AB IGNE REDIT ET CONIUGIO GAUDET OCCULTO”(Nostro figlio, morto, vive, torna re dal fuoco e gode del matrimonio occulto) come tributo al monumento romano.
Il titolo della compilation “Burnt Vitriol” si riferisce proprio al nostro primo periodo, segnato dall’interesse per l’alchimia.
Quest’anno è il decimo anniversario dalla fondazione del gruppo. Il vostro standard qualitativo è sempre aumentato e fin da subito avete cercato un sound che potesse essere all’altezza con quello dei vostri nomi di riferimento. In questo, l’aver vissuto in un ambiente ostile come quello italiano (che non offre molte possibilità per il metal) è stata una motivazione a dare di più?
Penso che, a prescindere dalla motivazione, una band italiana e soprattutto romana debba dare molto, molto di più per poter emergere. Detto questo bisogna anche specificare che la quasi totalità delle band romane dimostra dilettantismo, mancanza di gusto e cultura musicale, disinteresse nel viaggiare per andare a vedere concerti all’estero. Ho sentito molto la mancanza di una band affermata che potesse mostrare ai più giovani e inesperti la via giusta per farsi strada nel mondo della musica. La popolazione romana deve prima guarire dal cinismo patologico da cui è affetta, solo allora si potrà parlare di creare qualcosa.
Credo che il Nord, soprattutto la Lombardia, rappresentino in modo degno (sia con le band presenti che con i concerti) l’Italia all’estero.
Rispetto agli scorsi anni avete suonato molto di più dal vivo. Oltre alle date del vostro tour europeo con gli Arkhon Infaustus, avete suonato anche in città come Istanbul e Tel Aviv. Com’è stata l’esperienza in quei posti?
Entrambe le esperienze sono state molto positive. La mia attrazione per la spiritualità medio-orientale trapela nel nostro sound e sono fiero che sia stata proprio la mia musica ad avermi fatto mettere piede in quelle zone.
Nel 2015 avete suonato a New York per un unica data negli Stati Uniti, al Martyrdoom Fest. Avete in programma di tornare negli USA per un tour vero e proprio?
Si è parlato molto spesso di tornarci e abbiamo avuto qualche offerta, ma non è così facile organizzare un’impresa di successo. Sarebbe veramente una bella esperienza vista anche la quantità di band valide sul suolo americano con cui potremmo condividere il palco!
Da qualche tempo a questa parte hai iniziato a lavorare nel tuo studio di registrazione, il The Devil’s Mark. Il nome più prestigioso con cui hai collaborato sono i Deströyer 666 per il loro ep Call Of The Wild, per il quale hai registrato la voce e alcune parti di chitarra e basso. Com’è nata questa collaborazione?
Mi era già capitato di frequentare la casa di KK, quindi quando mi ha detto di aver bisogno di registrare la voce per il nuovo ep mi sono offerto di portare l’occorrente a casa sua per fare una session di location recording. Con l’occasione abbiamo rivisto anche l’arrangiamento dei brani, cambiando, rimuovendo o aggiungendo assoli. Sono molto orgoglioso di aver fatto un’incursione nella storia di questo gruppo. Ho un grande ricordo di quella session, c’era un’atmosfera molto speciale in quella casa.
Rimanendo sul tema: ci sono alcuni produttori in ambito metal (e non) che vedi come dei punti di riferimento per il tuo lavoro?
Gli stili di Martin Birch (Iron Maiden, Blue Öyster Cult, Black Sabbath….) e Flemming Rasmussen (Metallica) sono pura perfezione.
Amo il suono di batteria “signature” del Grieghallen Studio (quello da cui è uscito De Mysteriis Dom Sathanas, per intenderci), credo che abbia settato un nuovo standard nell’ambito estremo.
Sono molto affascinato dalla versatilità di Rick Rubin. Anche se molti degli artisti con cui ha lavorato non mi interessano, ammiro la sua capacità immedesimarsi nella mente degli artisti con cui lavora. Siamo entrambi nati il 10 marzo… significherà qualcosa? E poi è pur sempre il produttore di Reign In Blood, per Dio!
Tutto il calderone del black/death viene spesso riassunto nella definizione “war metal”, tanto vaga quanto imprecisa. Cosa pensi a riguardo?
Non mi preoccupo granché delle etichette.