DEISON, Quiet Rooms

Quiet Rooms

Cristiano Deison vuol dire Meathead (con un certo Teho Teardo), vecchie fanzine e un programma radio, Cinise, Final Muzik e una carriera solista stracolma di collaborazioni (da KK Null a Scanner, da Lasse Marhaug a Thurston Moore), senza dimenticare il recente progetto Anatomy con Testing Vault. Quiet Rooms esce per Aagoo, che deve averci preso gusto con gli italiani (vedi Father Murphy… e io un po’ annetterei Philippe Petit…), con una delle copertine più disturbanti degli ultimi tempi (non voglio sapere se a quella bambina è successo qualcosa di brutto e non voglio capire perché la posa e l’espressione sono quelle di una persona con trent’anni di più).

Collaborare per Deison significa soprattutto arricchire uno stile parecchio essenziale. Senza ospiti di riguardo intorno, Cristiano torna a una sorta di purezza drone, per un disco buio ma non dark ambient. Sarebbe troppo facile, infatti, accostarlo a certe uscite di genere, ma in realtà è più vicino alla musica di ricerca e sostanzialmente distante da vari cliché gothic e industrial, per quanto sia come artista sia come ascoltatore lui mastichi tonnellate di quella roba. Quiet Rooms è un’avventura insonne in giro per un albergo non necessariamente infestato da spiriti maligni o gemelle morte ammazzate dal padre. Quello che si vive è uno stato liminale che non è veglia e non è sogno, una condizione di non perfetta lucidità, che però non ci rende troppo vulnerabili. Tutto suona ovattato e straniante, non spaventoso. Qualcosa ci dice che non dobbiamo stare tranquilli, ma è una sensazione sepolta nell’inconscio, non la percezione di un pericolo incombente. Magari lavoriamo semplicemente di notte (Night Sessions è il titolo del disco di Deison uscito nel 2011 per Silentes), siamo solo a pezzi e sappiamo che la realtà non ci apparirà mai come se fosse giorno: questa è la sensazione di “alterità” che l’album sembra trasmettere, tra il suono dei tasti di un telefono, il gracchiare di un ricevitore e altri rimandi al quotidiano presenti in forma di “field recordings”.

Per come i suoni sono puliti, in un certo senso Quiet Rooms non è poi così distante da certe cose 12k e dall’ultimo Lawrence English, delle quali sembra una versione più tinta di nero. Anche chi si è trovato bene con certo “isolazionismo” riportato in auge dalla nostra Glacial Movements non dovrebbe disdegnare le rarefazioni più scure di Cristiano. Bel colpo, ma astenersi ascoltatori impazienti.

Tracklist

01. Room I (Private Exploration)
02. Room II (Lost Key)
03. Room III (Not Available)
04. Room IV (Air Conditioning)