DEISON & MINGLE
Avevamo lanciato il full album stream di Everything Collapse(d) e li seguiamo entrambi da tempo: Andrea Gastaldello/Mingle, che abbiamo visto all’opera anche con Dissangue; Cristiano Deison, attivo dagli anni Novanta, oggi 50% di Final Muzik e instancabile tessitore di collaborazioni nei contesti post-industrial e ambient italiani, ma non solo. Oggi chiudiamo un cerchio, pubblicando la recensione di Weak Life e quest’intervista.
Nella recensione del vostro primo disco mi soffermo sulla musica e sulle atmosfere, salto le presentazioni e conto su quello che ho scritto su di voi in passato. Rimane fuori il casus belli, cioè cosa vi ha fatto decidere di collaborare assieme.
Andrea Gastaldello (Mingle): Non c’è stato un vero e proprio evento che ci ha fatto collaborare assieme, è nato tutto in modo semplice, naturale oserei dire. Ci siamo conosciuti dopo qualche email che mi stavo inviando con Final Muzik (ovverosia Deison e Gianfranco Santoro). Dopo esserci scambiati un po’ di idee, trovandoci sorprendentemente in sintonia e conosciuti musicalmente (con ammirazione reciproca), gli proposi una cosa tipo: “Se ti servirà un pianista, dell’elettronica, o qualcosa di simile, fai un fischio!”. Poco dopo, mi contattò chiedendo delle parti per un suo lavoro solista; ci lavorammo e nel mentre, maturò l’idea di unire le forze in un album assieme. Cominciammo senza pianificare e progettare nulla, ma comunicando moltissimo e scrivendo musica. Ci trovammo così nell’ennesimo caso di sintonia, con le idee ben chiare ed uguali su quale scenario volevamo descrivere e che “linguaggio” usare… Una bella serie di positive coincidenze ed eccoci qua.
Se non vi dà fastidio, non entrerei ancora nel merito dei dischi, perché ho una curiosità che penso sia quella di molti. Aagoo è americana, ha già pubblicato Deison e altri italiani, tra cui i meravigliosi Father Murphy, che in America ci hanno già suonato spesso: questa cosa vi ha aiutato a “uscire” dal nostro Paese e da un giro di “reciproche pacche sulle spalle”? Nel senso: avete avuto la percezione di essere considerati – pur se nella stretta cerchia degli appassionati di certe musiche e della stampa specializzata – a un livello più internazionale?
Andrea Gastaldello: Innanzitutto vorrei sottolineare che per l’album ci è piaciuto collaborare con artisti e tecnici italiani che ammiriamo (vedi i mastering con Simon Balestrazzi ed Eraldo Bernocchi, le grafiche di Guido Bisagni/108, la guest con Daniele Santagiuliana), per la pubblicazione invece abbiamo scelto di non avere patria. Per quanto mi riguarda, posso dire un grande sì, che uscire per un etichetta come Aagoo, che è un piccolo punto di riferimento per molti, aumenta la considerazione a livello internazionale. Si viene inseriti in automatico dentro un flusso, ci sono una percezione e un rispetto sensibilmente diversi che in Italia. Lo dimostrano i numerosi e continui passaggi su più radio (alcune anche importanti e non così di nicchia) soprattutto in America, oltre a quelle in Canada, Slovenia, Inghilterra, Francia… e altre ancora che non ricordo, mentre in Italia poco. Da noi, facile che tanti ti diano la pacca sulle spalle per esser riuscito a trovare all’estero una pubblicazione, ma niente più, rimani italiano, anzi facile diventare un ibrido, quell’italiano che fa le cose all’estero, che a molti può risultare una cosa lontana.
Cristiano Deison: Senza dubbio il lavoro svolto da Aagoo ha permesso al disco di “girare” a un livello veramente internazionale, si sono impegnati prima e dopo l’uscita con promozione e una distribuzione veramente buone, cosa che con le label italiane succede raramente; ci sarebbe piaciuto essere pubblicati da un’etichetta di casa, così esportare una produzione tutta italiana anche all’estero, ma non è successo. Ovviamente la considerazione è aumentata, ma spero che si basi sulla qualità del disco rispetto alla provenienza dell’etichetta.
Giusta la speranza di Cristiano, tra l’altro fondata, interessante vedere con Andrea chi ha collaborato con voi. Una volta, frettolosamente avrei usato il termine “industrial” per descrivere il mondo di Bernocchi, Balestrazzi, Deison, oltre che quello di Mr. Testing Vault. Avendo già intervistato negli anni sia Simon, sia Eraldo, mi sono reso conto che da tempo immemore tutti voi vi muovete in un dopo-industrial molto poco recintabile, e che dischi come Everything Collapse(d) e Weak Life da un lato hanno presente “l’albero genealogico” (Swans compresi), di per sé già molto, ma molto ramificato, dall’altro provano a spingersi in zone per niente etichettabili. Dove state andando? Avevate una rotta?
Andrea Gastaldello: La rotta vuole essere un perenne stato d’animo più che un genere, un umore molto notturno ed introspettivo. Credo che l’onestà imponga di dire che siamo “post-molte cose” ed appunto per questo cerchiamo di spingerci in zone poco etichettabili. La curiosità che si crea nel manipolare un suono, o un beat, può suggerire delle idee e credo anche serva molta ironia nell’usare certi suoni per lanciare quelle piccole provocazioni; personalmente amo molto il “bianco e nero”, la dicotomia e quel senso di immobilità disturbata da interferenze. La cosa che cerchiamo maggiormente è proprio questa commistione di suoni che credo ci caratterizzino e che sono frutto di quello che noi siamo. Con Weak Life, abbiamo preso una strada leggermente diversa da Everything Collapse(d), proprio per sottolineare che ci sono molti modi di raccontare un determinato momento e mi sembra ci sia un filo conduttore tra i due album. In futuro ci potrà essere qualcosa con altri strumenti, o delle voci, ma sotto sotto ci sarà sempre lo stesso mood.
Cristiano Deison: Tutta la gente che hai citato ha una certa esperienza di ascolti e di propria “creazione” musicale, per cui è naturale che ciò porti nel tempo a muoversi in territori sonori ibridi al di là dei classici generi “etichettabili”. Nel nostro caso si tratta di una somma delle sonorità che ci piacciono e contraddistinguono, da una parte il beat, i synth, il pianoforte, dall’altra elettronica e il rumore; una fusione che nasce dalla sola idea di ricercare e modellare dei suoni per creare delle ambientazioni suggestive. Non abbiamo né paletti né obbiettivi da raggiungere, per cui finché il “feeling compositivo” ci accompagna continueremo ma senza ripeterci esplorando anche nuove direzioni.
Una sensazione che io ho provato, sentendo Everything Collapse(d), è stata lo smarrimento. Se Deison da solo mi fa sempre pensare all’insonnia e a ciò che ne consegue in termini percettivi, in quel disco la presenza di Andrea dà una vertigine simile ma diversa, come se l’insonne fosse uscito in mezzo alla strada, in una città che non conosce… C’è la fragilità in quest’album (anche se “weak” è quell’altro) o è un mio trip?
Cristiano Deison: Prima che Aagoo ci chiedesse un seguito a Everything Collapse(d) avevamo già delle idee e dei demo di quello che poi è diventato Weak Life; l’idea di base del primo disco era quel senso da te descritto di fragilità, di implosione, un disco dove il concetto è il collasso, la desolazione e il fallimento evidenziato da una forte presenza del pianoforte di Andrea, mentre questo nuovo lavoro parte esattamente dalla fine di “Everything Collapse(d)” esplorando le lande desolate tra le macerie dove tutto è crollato e perduto nell’oblio, mossi da un costante e pigro movimento. Qui abbiamo volutamente lavorato sul “movimento” del beat, dei synth, di chitarre processate, lasciando in lontananza il pianoforte in favore di suoni “concreti”.
Difatti a me, ai primi ascolti, la differenza tra i due dischi è sembrata stare nella maggiore presenza dei beat. Ci avete lavorato insieme? Uno solo di voi due? Nel tentare di descriverli qualcuno ha fatto ricorso agli Autechre, al glitch. Possono andare bene per dare un orientamento? Di sicuro non è roba che va dritta…
Andrea Gastaldello: Al beat ci lavoro prevalentemente io, mi piace curare ogni singolo elemento che lo compone, divertendomi poi nel combinare figure ritmiche più o meno elaborate, cercando però di risultare il più musicale possibile. Mentre in Everything Collapse(d) l’idea era quella di creare qualcosa di pulsante ma non invadente, in Weak Life ci siamo andati giù un po’ più pesanti, appunto per dare quell’idea di pigro ma costante movimento. Sì, l’orientamento ci sta: Autechre, glitch, ma anche andamenti più lenti tipici dell’electro dub e downtempo… ambienti dove, per esempio, si muove alla grande Bernocchi.
Andrea, un tuo lavoro di cui non s’è parlato abbastanza è Dissangue, assieme ad Andrea Faccioli: penso all’artwork di quel disco (di Petulia Mattioli) e in qualche modo di nuovo alle rovine, penso al termine stesso “Dissangue” e al vostro ep (tuo e di Deison) Low Blood Pressure. Sono immagini che tornano nella tua musica? Potrebbe essere una rappresentazione di un mondo interiore, ma i nostri anche socialmente sono tempi in cui tutto sta collassando: meno garanzie, meno protezione…
Andrea Gastaldello: Il mio mondo interiore è esattamente quello, credo sia importante mettere un bel punto sull’argomento. Cioè, non sono un paranoico spaccacazzo che durante una cena si lancia in discussioni catastrofiche, però nel mio piccolo mondo, nel mio piccolo linguaggio musicale, cerco sempre di costruirmi quell’immagine. In Dissangue e soprattutto con Deison, la direzione è quella di una caduta, di un cedimento, di una “privazione”. Tutto collassa perché spesso le basi non hanno radici, non c’è una linea, non si va dal punto A al punto B. Non si vuole più provare, né ammettere, il sapore amaro ma vitale di una sconfitta, del chiedere scusa, di una critica. Ma il lavoro non è un processo di accusa a questo, anche se lo si condanna. Nella musica, vorrei semplicemente comunicare una sottile malinconia, quel guardarsi dentro e riflettere (magari in solitudine) per qualche minuto. Ognuno tiri fuori i propri scheletri dall’armadio (ride, ndr).
Non a caso la prima cover realizzata da voi è “Failure” degli Swans. Chi vuole parlare del suo rapporto sentimentale con questo pezzo? Come mai avete pensato al signor Testing Vault come cantante?
Cristiano Deison: Sia io, sia Andrea siamo due grandi ascoltatori di musica e spesso confrontiamo i nostri gusti e scelte musicali, quindi l’idea della cover in generale è nata così per caso, per gioco, partendo dalla volontà di inserire una sorpresa nel disco, qualcosa di inaspettato che fosse un regalo da scoprire dopo l’intero ascolto; un po’ come succedeva in alcuni album negli anni Novanta. Non c’è voluto molto per individuare una band e sopratutto un pezzo da reinterpretare, ma forse solo da omaggiare; in quel periodo avevamo appena visto gli Swans dal vivo che ci avevano letteralmente sfasciato le orecchie e da lì è nata l’idea di riproporre “Failure”, perfetta come chiusura di Everything Collapse(d) con il suo bellissimo testo che parla di una lotta per il denaro, della vita e della felicità che svaniscono nel nulla e si rimane soli, mentre “many bastards succeed”. Una volta registrata, ho scelto di affidarla alla voce di Daniele Santagiuliana (Testing Vault), col quale collaboro stabilmente nel progetto Anatomy, non tanto per avere un cantante, bensì una persona che animata da passione potesse interpretarla; conoscendo l’amore di Daniele per Mr. Gira ci è sembrata la scelta più appropriata. Anche in questo nuovo disco Weak Life abbiamo continuato a inserire una sorpresa finale, per cui consiglio di ascoltarlo “oltre la fine”.
Oggi chi fa musica non lotta per il denaro e tutto sommato non ci sono nemmeno troppi bastards che hanno successo, perché il successo non c’è più. Quest’anno ho assistito a un bel festival delle mie parti e l’organizzatore, presentandolo, rimarcava il significato della parola “urgenza”. Loro dovevano fare il festival, a prescindere. Voi dovete fare musica, a prescindere?
Andrea Gastaldello: Fare musica al giorno d’oggi è un dovere? Boh. Credo sia importante guardare altrove, esprimere il mondo che ci circonda e non semplicemente assecondarlo, creare dei punti di vista e perché no, essere molto autoironici, se si riuscirà a trasportare qualche ascoltatore in tutto questo, ecco missione compiuta. Mi auguro che la nostra attitudine ed il nostro disco Weak Life ne facciano parte.
Cristiano Deison: Non lo so se è un dovere per me, una certa urgenza la sento ma poi spesso mi fermo anche a riflettere, a pensare sul senso del mio lavoro (ritrovandomi comunque a immergermi nei miei suoni); fondamentalmente “suono” per una sorta di piacere personale e spesso non mi interessa ciò che succede fuori. Credo anche non ci si debba prendere troppo sul serio ma seguire il proprio percorso, essere curiosi, mescolarsi scoprendo cose nuove, il lavoro con Mingle si muove in questa direzione.
Sapevo che le vostre risposte sull’urgenza avrebbero evitato la retorica. Parlando di cliché, quali sono quelli che non sopportate nell’elettronica oggi? Per fare un esempio stupido: il “drop” e Skrillex…
Andrea Gastaldello: L’unico che mi viene in mente ora è, a mio modestissimo parere, l’uso della voce di Björk, che tanto ho amato anni fa e che tanto non sopporto oggi…
Cristiano Deison: Io non sopporto i plug-ins!
Morte ai plug-ins, che uniformano tutto, lunga vita a Björk, che comunque ha chiamato sul nuovo disco Arca e The Haxan Cloak. Le due ultime curiosità sono: la collaborazione proseguirà ancora? Ce la farete in qualche modo a riproporla dal vivo?
Andrea Gastaldello: Sì, la nostra è una collaborazione che finché riusciremo a lavorare con una certa fluidità e ispirazione continuerà sicuramente. Per ora stiamo lavorando ad altro (da soli e con altri musicisti), abbiamo però già in cantiere una rivisitazione di Everything Collapse(d), una rilettura in chiave minimale che speriamo di pubblicare presto e, sempre riguardo il primo disco ci sarebbe anche la remota idea di fare un album di remix (su questo dobbiamo vagliare alcune possibilità). Inoltre abbiamo un sacco di materiale in lavorazione, tra cui un mini album praticamente già pronto. Fin ad ora ci siamo concentrati principalmente sul lavoro in studio sperimentando in diverse direzioni, ma abbiamo già l’idea di quello che sarà il nostro “live”.