DEATHSPELL OMEGA, The Long Defeat

Ho scoperto che esistono interi thread di Reddit dedicati all’interpretazione dei testi di questo disco. Mi sembra legittimo. Credo invece che sia assurdo il gioco (su Reddit, ma non solo) a indovinare chi suona/canta cosa ogni minuto, perché per me non è così che si ascolta un album: trovare gli ospiti misteriosi ha rotto il cazzo. In altri termini, The Long Defeat non diventa più bello se scopri tutti i livelli segreti come nei videogiochi: la musica non è un quiz a premi.

Il primo pezzo è una granata e s’intitola “Enantiodromia”: “bilanciamento degli opposti”, a giudicare da come usano il termine nella “parabola” scritta nel booklet e perché parla del fuoco come principio di tutte le cose, quindi stanno pensando a Eraclito e forse senza volerlo, o forse no, sembrano dire che quest’album sta in un equilibrio impossibile. “Enantiodromia”, riflettendoci, è diretto in un modo per il quale i Deathspell Omega non sono di certo passati alla storia (anche se esistono dischi come Drought), ha un basso insolitamente molto davanti che spacca come non mai e mi fomenta tantissimo. A questo riguardo, pare sia stato registrato dal vivo in studio. Allo stesso tempo, però, conserva le caratteristiche principali del gruppo: dissonanze, tristezza, tecnica non fine a sé stessa, legame con altri generi che non sono il black metal (penso alla chiusura elettronica massimalista e un po’ ligetiana). Mentirei se scrivessi che non fanno la differenza il carisma e la forza di – sì, un ospite, sì, ho indovinato – Daniel Rostén/Mortuus/Arioch alla voce. Nel caso qualcuno che ascolta solo le Wet Wet fosse qui per errore, aggiungo per lui che si tratta dell’ultimo frontman dei Marduk e che ha un suo progetto sempre su Norma Evangelium Diaboli, etichetta dei Deathspell Omega, chiamato Funeral Mist. Matrimonio dell’anno.

Già dopo un solo brano, secondo me, sappiamo di avere in mano un disco da comprare. Già dopo un solo brano, abbiamo tutto ciò che ci serve per capire The Long Defeat, coeso e coerente anche se pare assurdo, a bocce ferme e stereo spento.

Il secondo pezzo è “Eadem, Sed Aliter”, quindi di nuovo dialettica tra opposti e di nuovo siamo contenti tutti, perché ci sono i vecchi Deathspell Omega (dissonanze, strutture non banali), quelli di adesso (ancora una volta il basso molto davanti, vero e proprio strumento, ancora una volta momenti in cui si va molto dritti al punto), melodie. Poi arriva la traccia che dà il titolo (che credo alluda alla fatica di Sisifo) all’album: oltre all’equilibrio tra caratteristiche diverse che ho sentito finora, ho la percezione che il gruppo porti avanti linee melodiche molto simili di pezzo in pezzo, come a dire che questo è un solo racconto. È probabile che il vortice di “Sie Sind Gerichtet!” accontenti i passatisti, mentre la conclusiva “Our Life Is Your Death” spariglia ancora un po’ le carte, sempre perché piuttosto easy (easy per modo di dire) per stare in un lavoro di questi francesi maledetti che suonano black metal meglio di noi.