DEAFKIDS & PETBRICK, Deafbrick
Abbiamo già avuto modo di parlare di questa collaborazione tra Deafkids e Petbrick (progetto a due che vede schierati Wayne Adams e Iggor Cavalera) quando un anno fa avevamo chiesto lumi proprio al gruppo brasiliano in sede di intervista. Logico che una testimonianza su disco di quest’incontro avrebbe attirato la nostra curiosità, tanto più che i brani originali composti per l’occasione riescono a imporsi come un qualcosa che va oltre alla mera somma delle parti e amplia di parecchio le potenzialità di una simile joint venture. Per fare un esempio e introdurre il modus operandi dei Deafbrick, basti pensare che sul versante ritmico non ci si accontenta dei due batteristi a disposizione (e che batteristi) ma viene sfruttato anche l’arsenale di Wayne Adams fatto di pulsazioni elettroniche e drum-pad, effetti e synth, così da ottenere una spinta a dir poco impressionante che si va ad affiancare alle percussioni dei due compagni e ne amplifica gli effetti. Un altro aspetto da sottolineare è la chiara influenza che sul progetto esercita il comune amore per le sonorità hardcore punk e, nello specifico, crust, un fattore che si evidenzia non solo nella scelta di omaggiare i seminali Discharge (veri padri putativi), ma in generale in un mood che permea tutte le parti in cui il suono si incattivisce e aumenta di intensità. Si tratta ovviamente di una collisione tra due anime, diremmo tra passato e futuro o meglio un passato-futuro che va a disegnare uno scenario distopico e coniuga in sé passionalità umana e freddezza elettronica in quello che potremmo definire un suono bio-meccanico (si passi il termine ormai desueto). Così, in un alternarsi di partiture elettroniche a cavallo tra dilatazioni ambient e beat veloci, irruenza hardcore e radici affondate nel tribalismo, Deafbrick si presenta come una uscita coraggiosa e personale, che vive del suo essere stata fotografata in presa diretta nel corso di una tre-giorni full immersion in studio e, per questo, lascia i cinque liberi di seguire le proprie intuizioni senza preconcetti. Il disco scorre in modo fluido e non delude le aspettative, si giova dei molti cambi di tempo e stile per non annoiare e non risultare mai troppo uguale a sé stesso, soprattutto nel complesso porta a casa pezzi completi e capaci di colpire il segno piuttosto che bozze o schizzi di possibili sviluppi futuri. Ciò che arriva all’ascoltatore è la fotografia di un interagire e mischiarsi senza soluzione di continuità da parte di cinque amici musicisti che si stimano a vicenda e si muovono, perciò, senza sgomitare o cercarsi di rubare la scena a vicenda, piuttosto sembra che ciascuno cerchi di offrire spazio e l’assist perché gli altri vadano a segnare, cosa che succede in più di un’occasione e ci porta a promuovere i Deafbrick e augurarci di poterli vedere in azione dal vivo appena la situazione lo permetterà.