DEAD TO A DYING WORLD, Elegy

DEAD TO A DYING WORLD, Elegy

Capiamoci subito, nel caso non fosse già chiaro: i Dead To A Dying World, texani, in giro da una decina d’anni, sono un gruppo enorme, anzitutto numericamente: due voci, due chitarre (due anche gli ex Sabbath Assembly in formazione, alla fine del conteggio), un basso, una batteria e una viola, più in questo Elegy ospiti come Thor Harris, Dyland Desmond (Bell Witch), Emil Rapstine (The Angelus) e Jarboe (e siamo anche a due ex Swans). Sono enormi anche perché in grado di suonare pezzi diversi e complessi, nei quali di volta in volta entrano in gioco doom metal, black metal molto vicino a quello dei Wolves In The Throne Room, folk e un pochino di post-rock. Non assisteremo mai alla scoperta della fusione a freddo, ma saper usare così bene colori e sfumature in un’epoca di tracklist monocrome e monogenere, non è poco. Questo disco appena uscito su Profound Lore, per esempio, è costituito da tre brani molto lunghi (che funzionano secondo il classico schema pieni/vuoti, tipo marea) in alternanza con tre pezzi di durata “normale”. Non ci si annoia mai: le parti più lente sono benedette da melodie tristi molto coinvolgenti, quelle più veloci e black esprimono alla perfezione la rabbia di fronte al mondo che muore: l’argomento principale di Elegy, in effetti, sembra essere l’ecologia, nello specifico la dannosità dell’uomo per il pianeta Terra. La varietà di voci e di registri espressivi è tale per cui non ci si accorge – ammesso che ci siano – dei cliché. Comprare.