DAVID TOOP, Entities Inertias Faint Beings
Nel 1975 Brian Eno decide di produrre – ed è una delle prime uscite della Obscure, la sua etichetta – New And Rediscovered Musical Instruments, disco cupo quanto affascinante di sperimentazione elettroacustica, a base appunto di strumenti autocostruiti e reinventati in chiave meditativa, imbevuto di un certo esotismo, ovviamente non da cartolina ma più vicino alle istanze di un etnomusicologo. Il lato A, dedicato a strumenti bizzarri come idrofono, centrifono e aerofono elastico, viene affidato a Max Eastley, mentre il lato B è tutto per il sodale David Toop. Quest’ultimo, in un periodo, quello dell’ondata punk, in cui certe scelte apparivano tutt’altro che scontate, sceglierà di radicalizzare la sua passione per suoni e strutture musicali distanti da un punto di vista culturale prima ancora che fisico, basando la propria cifra stilistica su un’alterità non oltraggiosa, come avrebbe voluto il gusto dell’epoca, ma semplicemente mutuata da tradizioni lontane. Fondata una sua etichetta, la Quartz Publications, pubblica in due volumi, nel 1977 e nel 1979, registrazioni di musica rituale per flauti effettuate in Papua Nuova Guinea (raccolte insieme e ripubblicate quest’anno da Ideologic Organ); nel 1978 si reca lui stesso nell’Amazzonia venezuelana per documentare i rituali sciamanici degli indigeni Yanomami (il tutto è stato riproposto invece lo scorso anno da Sub Rosa). La ricerca di sonorità altre ed allo stesso tempo totalmente immersive, caratterizzate da un aspetto spesso sacrale, informerà l’intera carriera di Toop, passata attraverso tanti progetti: la sperimentazione parajazzistica degli Alterations, l’avant pop dei Flying Lizards e molto altro ancora. Al ruolo di musicista, sperimentatore, ricercatore musicale, il londinese, oggi sessantasettenne, affianca quelli di docente universitario, giornalista nonché scrittore: ha da poco pubblicato il suo ultimo libro, “Into the maelstrom: music improvisation and the dream of freedom”, testo dedicato alla musica d’improvvisazione fino al 1970.
Entities Inertias Faint Being è il primo album realizzato in studio che David Toop pubblica da quasi un decennio e prosegue in maniera decisa lungo il solco tracciato fin dagli esordi. Il musicista ha dichiarato di aver perso per molto tempo lo stimolo a pubblicare le sue cose, nutrendo una sostanziale sfiducia verso i meccanismi di fruizione musicale dei giorni nostri. Ruolo fondamentale nel creare nuove motivazioni e, di conseguenza, nella genesi di quest’ultimo lavoro, hanno avuto Lawrence English (a pubblicarlo è la sua Room40) e il soggiorno in Australia di Toop, a stretto contatto con gli elementi di una natura sorprendentemente varia. Il disco si presenta come una perfetta fusione fra elementi acustici ed elettronici, in cui il field recording viene utilizzato come un flusso continuo e trainante sul quale innestare narrazioni fatte di tonfi e clangori, circuiti imbizzarriti, strumenti utilizzati in maniera non convenzionale (il sax di John Butcher nelle ultime due tracce, la primitivista “Things Just Went Sour Gradually All At Once” e la stralunata “Invertebrate Drawings”) oppure provenienti dalla tradizione di paesi lontani (come il sarangi, strumento indiano ad arco, nella malinconica, piovigginosa “Ancestral Beings, Sightless By Their Own Dust” e il fue traverso in Setting Stones, lettura di un classico testo giapponese sull’arte del giardinaggio condotta su uno sfondo che abbina le note dello strumento a fiato a un’elettronica di basso profilo). L’album, a un resoconto finale, appare come un taccuino sonoro in cui Toop si perita di appuntare impressioni, sensazioni ed esperienze, rendendolo qualcosa di contemplativo, che risente del contesto in cui ha preso vita, restituendolo però in maniera non oleografica, mai ripetitiva. Il field recording, inoltre, qui riveste un ruolo fondamentale e anche una funzione eterodossa: se la gioca alla pari con gli strumenti messi in ballo piuttosto che essere relegato a mero fondale. Entities Inertias Faint Being evita di dare risposte chiare alla mai sopita voglia di mettersi in discussione dell’autore ma, al contrario, continua a porre domande sul senso stesso di fare musica nel Ventunesimo Secolo.
Tracklist
A1. Dry Keys Echo In The Dark And Humid Early Hours
A2. For A Language To Come
A3. Pieces Of Wood And Iron, Phials Of Odours
A4. Sea Slug
A5. Unspeakable Within It
A6. Compelled To Approach
B1. Ancestral Beings, Sightless By Their Own Dust
B2. Setting Stones
B3. Human Skin And The Stone Steps
B4. Things Just Went Sour Gradually All At Once
B5. Invertebrate Drawings