DARSOMBRA, Transmission
Qui si va indietro di anni: Brian Daniloski ha iniziato questo progetto solista un bel po’ di tempo fa sull’ormai defunta Public Guilt, un’etichetta indipendente americana piccola (la classica one man label à la Wallace) che mi fece scoprire gli Aluk Todolo e che allo stesso tempo pubblicava materiale collaterale degli Zu o appartenente al giro Dälek (Still, Destructo Swarmbots…). Eternal Jewel di Darsombra uscì nel 2008, con un buon artwork di Stephen Kasner, in un periodo in cui la roba drone e scura era più che in auge ed era pieno così di chitarristi che si mettevano da soli a fare gli Aidan Baker o gli O’Malley della situazione. Brian non era da meno e curiosamente il suo approccio minimalista ricordava Steve Reich più che i Sunn O))). In realtà lui aveva intrapreso una strada psichedelica e/o krauta, evidentissima nel 2019 in questo Transmissions, nel quale troviamo Ann Everton (presente già da alcuni dischi), il cui ingresso sembra aver portato un che di giocoso e meno pesante a Darsombra. A parte l’introduzione con chitarra e un’unica nota galleggiante di synth in sottofondo e qualche colpo di gong, qualcosa che sembra comunque uscito dai Sessanta, al massimo dai Settanta, il gioco è presto chiaro: è tutto destinato a finire in loop, più o meno sfasato, insieme a dei brevi vocalizzi, e di nuovo viene in mente Steve Reich e “Music For 18 Musicians”, ma fatto da persone con un background rock. I loop, come ovvio, progressivamente spariscono, sostituiti da altri, e il gioco va avanti per quaranta minuti consecutivi. A volte la sensazione è quella di una jam, invece, riflettendoci, si sente come per la maggior parte del tempo le sequenze siano sempre le stesse e che dunque tutto ciò sia in qualche modo pensato/composto.
Ho visto da poco “Once upon a time in… Hollywood” e da quel momento non riesco a fare a meno di pensare che gli hippie allo Spahn Ranch ascoltassero solo Transmission di Darsombra.