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DARKTHRONE, Old Star

DARKTHRONE, Old Star

Old Star arriva a distanza di tre anni dal precedente Arctic Thunder, una cadenza temporale che sembra ormai essere abituale per il duo norvegese, sin da quando nel 2010 diede alle stampe il mio disco preferito dell’ultimo decennio, quel Circle The Wagons che portava a compimento la fase più sporca e urticante dei Darkthrone (qualcuno la chiama la fase punk, alcuni persino crust, con buona pace dei puristi e dei ragionieri delle etichette di genere). Da quel momento, le uscite della band sarebbero state foriere di nuovi approcci e di mood differenti: più retrò e legato ai primi vagiti di un heavy-metal ancora acerbo The Underground Resistance, più pachidermico, nonché vicino all’immaginario malevolo della triade Venom/Bathory/Hellhammer, Arctic Thunder.

Anche Old Star scombina le carte e – come di consueto – scontenterà chi ancora in cuor suo spera in un ritorno dei Darkthrone ai primi lavori, quelli che hanno contribuito a formare la grammatica del black metal e restano scolpiti tra i dieci comandamenti del genere. Quest’ultimo arrivato, infatti, sembra voler essere la summa di ciò che nel nuovo millennio Fenriz e Nocturno Culto hanno fatto, le cui molte sfaccettature vengono ricomposte e miscelate secondo differenti equilibri, a tessere un arazzo di metal estremo dalle tinte tanto scure quanto legate alle radici del metal, con un forte rimando agli albori del genere, ma nelle sue varianti più pesanti e meno ariose. Si avvertono, così, alcuni tratti distintivi dei dischi precedenti dai quali di volta in volta vengono ripresi il riffing ottantiano, le melodie epiche, certe accelerazioni che erano un po’ andate perdute nell’ultima prova, di cui in compenso si recupera l’anima opprimente, la cupezza nei suoni e anche una certa gravità nell’incedere delle parti rallentate. Il tutto, come sempre del resto, è votato a onorare il culto del metal più genuino e “per devoti”, quasi un manuale a uso e consumo dei propri fedeli. Il suono ancora una volta lascia indietro la voce e dà più spazio ai bassi, tanto che appare davvero difficile intravedere sprazzi di luce tra le pieghe dei riff. L’insieme, poi, è più polveroso e compresso rispetto al passato, quasi stessimo ascoltando antichi nastri riesumati dalla cantina di qualche studio di registrazione. Su tutto questo si stagliano cavalcate da Oskorei e marce trionfali degne dei già citati Hellhammer/Celtic Frost, una visione epica che affonda le sue radici nelle primissime band che adottarono un simile punto di vista nel metal, con un occhio rivolto ai romanzi di Hodgson, Haggard, Howard e persino a Lovecraft, anziché a qualche saga da Tavola Rotonda. Ciò che forse manca è un vero anthem come quelli apparsi su F.O.A.D., Dark Thrones And Black Flags e il già citato Circle The Wagons, un brano più diretto, che si imprima in mente e si palesi in una melodia da canticchiare tra sé e sé sovrappensiero. Al contrario, ciò che resta è un’impressione generale, un mood esteso di un solido disco dei Darkthrone, che solo per questo non smetteremo mai di ringraziare. Difficilmente, però, Old Star riuscirà a soppiantare nel mio cuore i miei preferiti, proprio perché forse privo di quel guizzo a sé stante, di quel chorus affidato alla stralunata voce di Fenriz. Ce ne fossero comunque di dischi metal come Old Star e chi sostiene il contrario ha, probabilmente, perso la fiamma del metallo lungo la strada, peccato per lui.

Tracklist

01. I Muffle Your Inner Choir
02. The Hardship Of The Scots
03. Old Star
04. Alp Man
05. Duke Of Gloat
06. The Key Is Inside The Wall