DANS LES ARBRES, Volatil

DANS LES ARBRES, Volatil

Volatil, quanto mai atteso nuovo passaggio discografico per i norvegesi Dans Les Arbres, edito da Sofa Music, è uscito il 18 ottobre 2019. Registrato dal vivo il 16 marzo 2018 presso il Centro di Ricerca Musicale Teatro San Leonardo di Bologna, segna l’ennesima evoluzione nella raffinata poetica del quartetto, sviluppatasi in quindici anni di attività e lungo un percorso di sperimentazione attorno al concetto di musica dei processi organici. Un cammino fatto di tante performance in tutto il mondo e tre album memorabili: Dans Les Arbres (ECM, 2008), Canopée (ECM, 2012) e Phosphorescence (HUBRO, 2017). Questa nuova fatica si fonda sull’esigenza di tradurre ciò che muove la vita sul nostro pianeta, sintetizzandolo in una narrazione possibile, passando dunque senza drammi esistenziali e tracolli semantici dal mondo concreto degli elementi naturali a quello “sensibile” e astratto delle idee. Sintesi che le arti e soprattutto la musica possono esprimere a pieno e senza criticità alcuna, grazie alla potenza evocativa del suono.

Volatil si presenta come una suite composta da quattro azioni (“Ramure” – “Brindille” – “Surgeon” – “Flechè”) che scorrono all’interno e all’esterno di un albero (soggetto sottointeso dell’opera) senza soluzione di continuità, generando una metamorfosi continua degli elementi, che compenetrandosi si combinano e si propagano dolcemente come linfa vitale in tutte le parti della pianta, dalla chioma all’ultimo fuscello. Dai polloni che spuntano dalla base del fusto e risalgono come guglie gotiche, la vita con i suoi impulsi corre verso l’alto ritornando sottoforma di essenza volatile, verso l’esterno. I suoni si rincorrono e non sono mai asserviti ad alcun tipo di composizione o di codice di scrittura, sulla scia del maestro dell’espressionismo astratto Morton Feldman: abbiamo a che fare con un flusso che si dipana seguendo gli impulsi vitali dei Dans Les Arbres, mutando istantaneamente l’esperienza acustica in idea e viceversa.

Volatil, pur avendo un concept ben definito, lascia all’ascoltatore molti spazi di libertà interpretativa, soprattutto i tanti livelli timbrici e dinamici dati dalla varietà e dalla particolarità degli strumenti “preparati” usati dai quattro artisti (Christian Wallumrød, pianoforte; Xavier Charles, clarinetto; Ivar Grydeland, chitarra elettrica; Ingar Zach, percussioni), che offrono, come in una visione al microscopio, la possibilità di costruire una sceneggiatura, che si genera per analogie acustiche.

Suoni metallici svettano solitari come banderuole al vento, lasciando in basso i legni che formano uno strato quasi uniforme, al di sotto del quale altri segnali grevi e latenti fanno immaginare un humus vitale e brulicante. Vi è una sospensione metafisica, lo spazio risonante in molti casi è rarefatto, occupato da voci singole che aprono ad un’idea di vuoto pronto ad accogliere l’esistente. Nel gioco dei probabili significati si scorgono anche ambienti solitari e rurali, luoghi scarsamente antropizzati, abbandonati, dove la presenza umana è solo un ricordo che sta per essere dimenticato; si ripetono in alcuni punti delle sirene, allarmi che risuonano in lontananza, ricordo forse dell’opera seminale di Edgar Varèse. Ecco che flora e fauna si riappropriano dello spazio e allora si distinguono sempre più presenti e vive creature notturne. Crepitii, strisciate, battiti d’ali e passi ovattati tra le foglie; palchi di cervi e alci che s’incrociano e stridono. Poi il biancore norvegese, la neve che frena i rumori, li sfrangia e li protegge dagli spazi infiniti e siderali.

In breve e ripetutamente il paesaggio cambia, diviene pullulante e caotico, tracce minimali si ripetono convulse sino a creare una macchia sonora uniforme, rifrazioni infinite producono visioni caleidoscopiche. Si ritorna così all’interno della materia, si riafferma la biologia, le molecole si stringono e si annodano in suoni liquidi e cangianti per poi distaccarsi, isolarsi e svanire ancora.