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DANIELE BRUSASCHETTO, Bruise A Shadow

Daniele Brusaschetto si ripresenta dietro una copertina di Rocco Lombardi, con un batrace sotto alla luna. Il suono è quello della sua ultima fase, formazione a power trio insieme a Daniele Pagliero al basso e ad Alberto “Mono” Marietta alla batteria. Il suono è compatto, violento, come se ancora fossimo negli anni Ottanta coi jeans grigi, soffocato ed intenso, teso e deciso. Daniele canta in inglese con uno stile che suona alieno a chi è legato al periodo cantautorale che ha percorso fino a Radio Stridentia del 2016. Ma qui siamo altrove, nella fase aperta col precedente album Flying Stag e maneggiata con la consueta chirurgia dal musicista piemontese.

Vengono in mente certi Voivod, il grigiore delle periferie e la disperazione dei tempi andati. Il tiro è compatto e i momenti per riprendere fiato sono pochi e di gran pregio (“Petra”, che colpisce al cuore). Il passaggio fra la lingua inglese e quella italiana spesso stordisce, facendoci chiedere se i brani appartengano allo stesso disco. Altrove troviamo quasi uno stream of consciousness, ad esempio in brani come “Coal Woods”, talmente intenso da passarci in maniera sinestetica gli odori di città operaie. “Travaso Di Bile”, l’ultimo pezzo, ci presenta un Daniele Brusaschetto come una specie di Arlecchino elettronico, chitarroni che accompagnano piccoli circuiti vocali che ornano un contrasto quasi incredibile con dei riferimenti a certe escursioni cameriniane. Difficile capire cosa diventerà la musica di Daniele, ma se consideriamo che in 26 anni di album ufficiali è riuscito a non essere mai meno che intenso…Ora tocca soltanto capire come potrà reagire l’ombra ferita…