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DÄLEK, From Filthy Tongues Of Gods And Griots

DÄLEK, From Filthy Tongues Of Gods And Griots

Ho avuto il piacere di vedere i Dälek due volte all’epoca del tour di From Filthy Tongues of Gods And Griots. Le serate erano insieme ai Keelhaul e ai Melvins, due band dalle dinamiche così potenti da oscurare chiunque fosse in cartellone con loro. Invece i Dälek non solo tennero testa a questi pesi massimi, ma brillarono in entrambe le occasioni.
Non avevo mai sentito qualcosa di così incredibile. Possedevano la densità compositiva e il talento per l’hip hop dei Public Enemy ma anche l’assoluta magniloquenza dei Godflesh. Se ti avvicinavi, venivi magnetizzato dai monitor del palco, dall’impianto di amplificazione del locale e da quello della band, subito dietro. Suonava come un aeroporto in tempo di guerra, con sferzate noise che arrivavano da ogni dove. E appena le frequenze cominciavano a ricablarti il cervello e a infiltrarsi nel tuo sistema nervoso, entrava il basso. Lo sentivi come un calcio nel petto. L’artiglieria sonora combinata con l’abilità da rapper di MC Dälek (Will Brooks) era un assalto a tutti i tuoi sensi, che soverchiava e confortava al tempo stesso.
A quei tempi il gruppo era un trio. Dälek, il monolite umano, in piedi, immobile al centro del palco che rigurgita enormi quantitativi di testi intelligenti e socialmente impegnati. Oktopus (Alap Momin), pesantemente tatuato ed aggressivo, curvo su un tappeto di campionatori, li pestava tutti in ritmica dissonanza. E Still (Hsi-Chang Lin), sotto una cappa di capelli incasinati, trattava i suoi giradischi come i Sonic Youth le loro chitarre. Grattava i solchi del vinile con la puntina mentre processava i suoni con dei pedali. Insieme erano la vera definizione di “power trio”. Ciascuno di loro contribuiva in parti uguali, consegnando il suo pezzetto alla cacofonia collettiva.

“Filthy Tongues” è il disco che mi ha introdotto al loro sound irreale e tutt’ora rimane uno dei miei album preferiti. Ho poi rivisto i Dälek dal vivo un numero incalcolabile di volte, mentre – con formazioni diverse – portavano in giro i dischi successivi a questo. In ognuno avrebbero riformulato nuovi modi di mischiare i generi più disparati, come Afrika Bambaataa aveva fatto decenni prima con l’hip hop delle origini. Beat alla Fat Joe si sarebbero piazzati senza sforzo accanto a ritmiche “avant” mortonfeldmaniane, mentre la crudezza dei Mobb Deep si sarebbe fusa con le trame meravigliose dei My Bloody Valentine, e così via. Al di là di tutto, comunque, i Dälek possedevano un proprio suono, decisamente originale.

From Filthy Tongues Of Gods And Griots è uno dei vertici raggiunti dal gruppo nel corso di una carriera che conta innumerevoli lp, ep, remix e collaborazioni, nonché interminabili tour. Se non ne avete mai sentito parlare, fatevi un favore e prendetevelo.

J.R. Fritsch ha mandato avanti l’etichetta Public Guilt dal 2004 al 2013, lavorando con Zu, Aluk Todolo, The Psychic Paramount, Destructo Swarmbots, Aun e molti altri. Al momento gestisce Araçá Recs, una “boutique label” che pubblica quarantacinque giri di artisti hip hop e del giro dance che si spingono ai limiti dei rispettivi generi.

Quando questa ristampa, comprensiva anche di un inedito, ci è stata proposta da quelli di Ici D’Ailleurs, abbiamo pensato subito a lui, che consideriamo uno spirito affine. Siamo contentissimi che abbia accettato.

Tracklist

01. Spiritual Healing
02. Speak Volumes
03. …From Mole Hills
04. Artichristo
05. Hold Tight
06. Heads
07. Black Smoke Rises
08. Trampled Brethren
09. Voices Of The Ether
10. Forever Close My Eyes
11. Classical Homicide
12. 41 Shots (Bonus Tracks)
13. 41 Shots [Instrumental] (Bonus Tracks)