DAIMON, Remedies For A Foggy Day
I rimedi alla foschia del terzetto Balestrazzi-Monti-Quiriconi devono senz’altro appartenere non alla farmacopea ufficiale quanto alla pratica omeopatica, nella ferma convinzione che similia similibus curantur: le tre tracce del terzo episodio a nome Daimon infatti sembrano confondersi con ogni possibile bruma, con effetti tanto pacificanti quanto stordenti.
Il drone corposo di “Morning Lines” si espande e si contrae in maniera quasi impercettibile, un lento respiro fatto di lievissime dissonanze, ravvivato lungo il percorso dai crepitii e dallo sguisciare del nastro magnetico: il lavoro di Nicola Quiriconi lungo tutte e tre le tracce risulta ben lontano dalle derive hauntologiche di Valerio Tricoli o dal massimalismo di Sec_, tanto per citare due dei nostri più autorevoli maneggiatori di nastri: il suo è un guizzare nervoso, un serpeggiare rapido che ha la funzione di ridestare l’ascoltatore dalla piacevole sensazione di torpore, di obnubilamento. Nella lattiginosa “Silent Organ” il suono del nastro lacera la trama sonora, produce ferite che si aprono repentine, spiragli attraverso cui gettare lo sguardo, come le bruciature nei quadri di Burri; chiude il discorso “The Shaman’s Foghorn”, il suono di un corno che si smarrisce per lande misteriose, una voce e poi un lento vagare, colti da lievi ebbrezze.
Pubblicato dall’etichetta olandese Norwegianism, ha la rara qualità, Remedies For A Foggy Day, di essere un disco cangiante, che riesce magicamente a mutare forma e ad adattarsi al proprio umore e alla propria predisposizione del momento, che va ascoltato più e più volte alla ricerca di sfumature e di tonalità sempre nuove.