CRIPPLE BASTARDS, Giulio The Bastard
Ci sono cose troppo grosse per essere ignorate: personaggi scomodi, argomenti evitabili, di cui però tutti parlano, spesso con pareri positivi. I Cripple Bastards sono tutto ciò da oltre 25 anni.
Nel corso di tutta la loro carriera non hanno fatto altro che essere diretti e sfrontati, dando fastidio il più possibile quando ne era necessario. Hanno sempre seguito quella che era la linea dei Rupture nell’hardcore (uno dei gruppi più sottovalutati e snobbati di sempre): dire le cose come stanno, nella maniera più estrema possibile, a costo di essere da soli contro tutti. Sorpassato il quarto di secolo, ritornano gloriosamente sulle scene con Nero In Metastasi: il loro disco registrato meglio, ma anche il più oscuro e veloce. Un album non facile da digerire per gli amanti della prima fase della band, ma che non ha nulla da invidiare ai loro precedenti lavori (ognuno poi sceglie quale preferisce). Qui su The New Noise c’è sempre Giulio The Bastard, in un’intervista incentrata soprattutto sull’ultima fatica in studio del gruppo e sulla storia recente.
Com’è andato il tour in Giappone e in Australia? So che il Giappone dovevate farlo anni fa coi Corrupted, ma saltò tutto…
Giulio The Bastard: Il tour è stato incredibile, è una soddisfazione immensa essere arrivati dall’altra parte del mondo con qualcosa di così estremo e distruttivo come quello che suoniamo. Riguardando i Cripple Bastards a ritroso non avrei mai immaginato che ci saremmo spinti così lontano, è una dimostrazione assoluta che con impegno e passione si può arrivare ovunque. Le date sono state stupende, in particolare il Giappone che è sempre un po’ stato il sogno nel cassetto. Poi a livello personale sono sempre stato molto influenzato dalla loro scena e dal loro stile, quindi potermi per una volta calare in quella dimensione è stato indimenticabile. Sì, per ben due volte (nel 1996 e qualche anno dopo) ci era stato proposto di andare lì in tour con i Corrupted, ma all’ultimo il progetto non si era concretizzato per via di incomprensioni “linguistiche” con gli organizzatori. Ora abbiamo avuto modo di incontrare di persona il batterista dei Corrupted che è venuto alla nostra data a Osaka…
Nero In Metastasi è il secondo disco registrato allo Studio Fredman, noto per ben altre sonorità (Dimmu Borgir, Arch Enemy). Eppure, sia per Nero sia per Variante il risultato è stato ottimo. Come mai scegliete questo studio?
È tutto nato da un approccio positivo. La nostra prima esperienza allo studio Fredman risale al 2006 quando siamo andati a registrare i pezzi per lo “Slimewave” e lo split 7” con i Sublime Cadaveric Decomposition, usciti per Relapse. Ancora oggi riteniamo che quella session fosse uscita sorprendentemente bene (per alcuni versi anche meglio del successivo Variante Alla Morte), perché catturava l’impatto e il mood espressivo dei Cripple Bastards dandogli un taglio che combinava perfettamente l’aggressione del nostro stile alla glacialità e pesantezza di determinate produzioni scandinave. Da lì abbiamo iniziato a concentrarci sull’affinare questo meccanismo e con Nero In Metastasi, grazie a questo rodaggio precedente durato anni, siamo arrivati determinati sul risultato a cui puntare. È il nostro sound e siamo contenti dell’aver creato una buona simbiosi con l’impronta stilistica di questo studio.
Questo nuovo album vede l’entrata di un secondo chitarrista, Wild Vitto. Da cosa è nata l’esigenza di prendere un quinto uomo? Siete ora ufficialmente un quintetto o rimarrà una cosa relativa a Nero In Metastasi?
Siamo ufficialmente un quintetto e da poco abbiamo introdotto questo componente anche dal vivo. L’ingresso di Wild Vitto è stato – come quasi tutto quello che succede nei Cripple Bastards – qualcosa di abbastanza casuale e inaspettato. Dopo l’uscita di Variante Alla Morte e Frammenti Di Vita e la miriade di concerti che ne sono susseguiti, il ritrovarci a scrivere brani con un nuovo slancio creativo e una metodologia compositiva proiettata verso un altro album non è stato assolutamente facile, in qualche modo non riuscivamo a trovare l’input che ci permettesse di iniziare. Soffermandosi su alcuni riff e sulla struttura base di alcuni brani, Der Kommissar ha avvicinato questo chitarrista di Cremona con cui era amico da tempo, e che con l’altra sua band condivide la nostra sala prove… Inizialmente credo si trattasse di un semplice jammare per poter sgrezzare e perfezionare determinati giri, la cosa si è poi evoluta nel fatto che Wild Vitto è molto metodico, preciso e ha un grande talento nell’arrangiare i brani, così in qualche modo ha sbloccato e alimentato l’impulso compositivo. Questo ha fatto sì che entrasse in gioco un tassello indispensabile per la realizzazione di Nero In Metastasi e si creasse una nuova sintonia per far ingranare la stesura di un album intero che potesse essere un passo avanti rispetto a Variante Alla Morte. Col passare del tempo è sempre venuto a provare con noi, ha imparato alla perfezione anche i vecchi brani in scaletta e l’esperienza insieme allo Studio Fredman l’ha ulteriormente inserito nella squadra. Da dopo le registrazioni ai primi mesi del 2014 l’abbiamo ulteriormente rodato provando insieme la scaletta live che stiamo proponendo proprio ora, composta in parte da nuovi brani e in parte da una rassegna dei migliori estratti dagli album precedenti. Nel provare con lui ho iniziato a percepire la marcia in più del muro di due chitarre anche su brani più vecchi, penso sia stata un’ottima scelta, avrete modo di vederlo dal vivo nella serie di date di presentazione a Nero In Metastasi che annunceremo a breve…
Siete già stati in cinque una volta: per qualche concerto sul palco c’erano sia Alberto The Crippler, sia Fulvio Hatebox. Che fine ha fatto Fulvio? Ci sono probabilità di risentire Alberto su di un futuro disco dei Cripple?
I live a cinque con Fulvio Hatebox sono stati una fase molto transitoria e precaria, quindi assolutamente non paragonabile all’attuale scelta di introdurre un secondo chitarrista e alla compattezza del suono di questa line-up 2014. Fulvio non lo sento da tempo e non so che fine abbia fatto, l’ultima volta ci siamo visti mi sembra al primo MiOdi di Milano, dove avevamo suonato, quindi ne sono passati di anni… Anche Alberto lo vedo pochissimo e secondo me un suo rientro è praticamente impossibile, non solo a livello di intenzione, ma anche per il fatto che non sarebbe affatto facile rimetterlo in pista dopo 14 anni che non tocca la chitarra. Resta un grandissimo amico e una persona che ha contribuito molto a far arrivare la band ai livelli attuali, però chi guarda con nostalgia al passato con lui o fa discorsi della serie “i veri Cripple Bastards erano quelli con Alberto” non ha assolutamente capito un cazzo sui Cripple, e lui stesso – personaggio in mutazione perenne – confermerebbe questo discorso.
Il testo di “Occhi Trapiantati” sembra riprendere un po’ quello che esprimevate su “Stupro E Addio” e su “Partner Della Convenienza”. C’è un collegamento, nel messaggio, tra questi tre pezzi?
Sono tre argomenti distinti, la prostituzione in un parallelismo frenetico ed estremamente visivo tra lo “schermo” di fronte a una puttana e quello negli occhi del suo cliente, lo stupro come liberazione e silenziatore etico, la morte di un rapporto sentimentale filtrato attraverso la terminologia reattiva e violenta caratteristica dei Cripple. I fili conduttori sono il cinismo, la sfrontatezza e la mancanza di pietà tipica del nostro linguaggio, niente di più.
Penso che la vera novità di questo disco sia “Splendore E Tenebra”, il pezzo più lungo della vostra carriera (nove minuti). Il testo di “Splendore E Tenebra” prende spunto dal poema “La fossa”, di Ivan Goran Kovačić. Perché l’intento di questa canzone è di esaltare la sofferenza? Quali sono le differenze tra il messaggio di questa canzone e quello del poema?
Questo concept è stato studiato per lasciare un vasto margine di interpretazione e immaginazione, quindi non mi va di spiegarlo a fondo, la cosa rovinerebbe il senso di base che ci ha portato a lavorare su questo poema. Ti posso solo dire che sia su questo, sia su un altro brano in Nero In Metastasi c’è un link alla mia connessione con quei territori.
In quest’album ci sono ben venti pezzi noisecore. Quanto continua a essere importante per i Cripple Bastards venire da un passato noise/grind, che tanto passato poi non è?
Penso che ciascuno di noi ti risponderebbe in modo diverso. L’aver vissuto e suonato dalla sua nascita il noise/grind dei famigerati micro-brani è un po’ l’ossatura del mio modo di percepire la musica, o rumore che sia. Semplice, diretto, totalmente nichilista, molto chiuso e inaccessibile anche agli addetti ai lavori più estremi. È un vaffanculo totale al rock’n’roll stesso, un modo di approcciarsi al comporre che ancora oggi costituisce un apice, oltre a quel punto è impossibile sconfinare. Lo vedo quasi come un sesto senso deviato che può essere forgiato solo da chi arriva da quella nicchia delirante fatta da anni di demotape inascoltabili, auto-distruzione e frustrazioni concentrate in botta e risposta ermetici e totalmente anti-artistici. Nei Cripple Bastards è un po’ un errore incancrenito che mi porto dentro e che nella sua ostinazione è diventato una caratteristica. Quindi ovvio ne rimango un appassionato totale e sono estremamente fiero che la FOAD Records abbia dato ampio spazio al genere pubblicando Tumor, Sore Throat, Fear Of God…
Avete altri split in programma? So che state per registrarne uno con gli Yacopsae…
Ce ne sono alcuni in cantiere ma non voglio anticipare nulla.
Cos’è che vi fa più schifo, orrore e ribrezzo nella vita di tutti i giorni? Qual è l’aspetto più deprimente dell’essere umano?
La passività, l’assenza di fantasia o – per auto-citarci – la mancanza di quello “spirito di ritorsione”. L’accomodare le situazioni cercando di farsi andare bene le sconfitte attraverso giustificazioni di ripiego, il senso della vita sta nel combattere e reagire sempre, non nel fare il giro intorno agli ostacoli. Schifo, orrore e ribrezzo, semplicemente stare in mezzo alla gente in un qualsiasi ambiente sociale, osservarli e riflettere.