CRAIG FINN, Clear Heart Full Eyes
Sincerità noiosa.
Debutto da solista per il frontman degli Hold Steady Craig Finn. L’incipit di “Apollo Bay” è un delicato filamento blues in salsa dylaniana, con le chitarre che comandano il gioco. Parte bene senza dubbio, ma la lunghezza del brano eccede verso quel rock di marca springsteeniana che spesso risulta immerso in troppa acqua di cottura, cosi da lasciare i cibi insipidi. Ha con tutta evidenza voglia di raccontarsi, l’occhialuto quarantenne: le parole non gli mancano certo, ma il dubbio che si crogioli troppo in un solipsismo cantautorale è forte, si vedano le dinamiche r’n’r di “No Future” che scimmiotta in “New Friend Jesus” (ma, ahilui, Finn non sarà mai Jonathan Richman), adatta per lo score di una serie tv via cavo e niente di più. “Rented Room” rende bene poi la infinite sadness di un artista che prova a trovare spunti fuori da casa, in un posto qualunque di uno stato qualunque degli USA. Solo che qui non siamo in un film di Todd Solondz nel disperante vuoto assoluto della provincia, ma soltanto di fronte alla mancanza di creatività di un songwriter che ha sì ascoltato dell’ottima musica, ma sino ad ora è stato solo capace di riproporla senza coniare un linguaggio personale. Il mestiere c’è tutto, questo è pacifico, ma ce n’è ancora molta di strada da percorrere. L’America è cosi grande che gli auguriamo di perdersi, invece di raccogliere vecchi cocci di ispirazione che per il momento non fanno di Craig Finn un autore a tutto tondo.
Tracklist
01. Apollo Bay
02. When No One’s Watching
03. No Future
04. New Friend Jesus
05. Jackson
06. Terrified Eyes
07. Western Pier
08. Honolulu Blues
09. Rented Room
10. Balcony
11. Not Much Left Of Us