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CONTROL UNIT, Burn

CONTROL UNIT, Burn

Alle feste private nell’umile dimora del presidente kazako Nazarbayev, gira voce che sia ancora Adriano Celentano a far danzare/agitare la gente. A breve però le cose cambieranno. Saranno i Control Unit (assieme ai Father Murphy, probabilmente, il gruppo italiano più conosciuto e apprezzato all’estero) a scalzare prepotentemente la dittatura del Molleggiato. Per quei pochi che ancora non sanno, si tratta di un duo composto da Ninni Morgia (chitarre, basso, percussioni) e Silvia Kastel (voce, sintetizzatori).

Le cento cassette di Burn escono per l’irlandese Fort Evil Fruit, quasi in contemporanea con lo stupendo vinile Bloody Language della Backwards. Sostanzialmente la coppia si concentra su di un impro-noise che strizza l’occhio all’industrial e al marciume psichedelico californiano anni Ottanta (non è un caso se l’anno scorso son riusciti a far pubblicare qualcosa dopo decenni niente meno che ai Factrix). Siccome è la prima – probabilmente anche l’ultima – volta che scrivo di loro, ascoltando questo nastro ho voluto fare il povero giochino degli accostamenti, ragionando per le mie competenze (poche) e le mie conoscenze (ancor meno), dunque abbiate pazienza per tutte le oscenità che leggerete. Cominciamo nell’affermare: “Sunrise” un corno (comunque è la mia traccia preferita)! Mi sfugge qualcosa, lo so, ma quella sua lenta melodia formato marcetta funebre, dal piglio metallico e dal forte odore di foglie putride e muffe velenose, la rendono adatta per un rituale sacro dei Beati Paoli, quindi niente albe, raggi solari o luminosità accecante. In “Real Close” si percepiscono quelle sfumature tribali/psichedeliche tanto care a Donato Epiro, mentre nella traccia-titolo (“Burn”) è la chitarra rumorosa e schizzata di Morgia a salire in cattedra, nonostante il cantato della Kastel, che la fa virare e vibrare verso sulfurei orizzonti da acciaieria pesante e sintetiche alienazioni lisergiche, somiglianti a quelle di U.S. Girls o Angels In America. Qui lo scrivo e qui non lo nego, la voce della Kastel – sempre al limite tra la stonata/ubriaca e la satanica litania – piace un casino.

Forse esagero, forse no, ma più ascolto i Control Unit (almeno per quest’uscita) e più li associo ai Corpses As Bedmates. Le immagini segnaletiche della copertina, a mo’ di Wanted, dead or alive, lasciano intendere che la cassetta è ricercata e ovviamente assai consigliata.