Confrontational, sunglasses after dark
Non ho mai pensato di dover spiegare cosa siano la syntwave o la retrowave. E non me la sento nemmeno tanto, perché ho paura che qualche nerd mi salti alla giugulare: le colonne sonore di Carpenter, Goblin e Simonetti (agganciamoci qua Dario Argento e i “gialli”), il synth pop inglese, l’iniezione di metal per chi la gradisce, un’estetica che unisce Outrun (il videogioco), “Tron”, “Ritorno al futuro” e “Blade Runner” (agganciamoci qua Vangelis), forse Refn, il voler (1) avere sempre tiro e (2) smuovere i culi senza però dimenticare intermezzi “cinematografici”, più in generale l’assoluta disinvoltura con cui si usano tutti i cliché ottantiani per ottenere questi risultati e un certo tipo di suoni d’epoca. Massimo Usai/Confrontational (coadiuvato live da Giulia Blu a synth e luci e Juan Zurdo alla batteria Simmons) pesca da questo gigantesco lago e collabora alla pari coi nomi importanti dello scenario (Cody Carpenter, Grousset di Carpenter Brut, Antoni Maiovvi…). Alle spalle ha già cinque dischi, di cui l’ultimo Cut è una specie di macchina da hit synthwave, praticamente tutto materiale a presa rapida e quasi inscalfibile: la title-track boyharsheriana che apre con un inseguimento il film immaginario del disco, “Black Glasses” che se la gioca con “Believe” dei Chemical Brothers, “Cold Hard Silver (feat. Antoni Maiovvi)” che non ha nulla da invidiare a un gruppo “nuovo” e sorprendente come gli Haunted Plasma, e potrei fare una track by track senza aver mai qualcosa da ridire. Ai dischi in studio quest’anno si è aggiunto Upside Down Live, che si spera possa aprire una fase nuova in cui Confrontational comincia a fare tour sistematici. Ho deciso di conoscere meglio Massimo con un’intervista.
Revival post-punk infinito, recupero dei synth analogici o comunque di un certo suono di synth, riscoperta delle colonne sonore come lavori a sé stanti e dunque ristampe a pioggia, Sacred Bones che fa fare dischi a Lynch e Carpenter… Un rivolo di tutti questi avvenimenti degli anni passati è stato la synthwave o retrowave, o come vuoi chiamarlo. Com’è arrivato fino a te in Sardegna? Suonavi già?
Massimo Usai: Suonavo già da diversi anni, avendo militato in due band di Cagliari fra il 1999 e il 2013: Recs Of The Flesh e Dahlia Indaco. Coi Dahlia Indaco eravamo molto ispirati da Sisters Of Mercy, Killing Joke, Depeche Mode e Akira Yamaoka. Io sono cresciuto con Dylan Dog, Stephen King, coi film di John Carpenter e con le sue colonne sonore, con il cinema di Romero, Argento, Fulci, Lynch, Cronenberg, Mann e Friedkin.
Dopo lo scioglimento dei Recs ho deciso di comporre da solo e tornare alle mie radici. Ho scoperto il termine synthwave nel 2014, cercando tramite l’hashtag “synth” tastieristi con cui collaborare. I primi artisti taggati “synthwave” che ho scoperto sono stati Carpenter Brut, Dance With The Dead, Perturbator ed Europaweite Aussichten. È stato uno shock scoprire che quello che stavo creando condivideva importanti punti di contatto con un movimento underground globale di cui non sognavo l’esistenza.
Io a suo tempo sono andato sotto con Perturbator. Mi sembra invece scontato dire che per te la famiglia Carpenter è un punto di riferimento. Che altre facce ci sono sul tuo Monte Rushmore musicale?
Si, assolutamente, Cody e suo padre sono musicisti e persone incredibili, a cui devo molto. Con Daniel Davies hanno pubblicato il primo Lost Themes proprio nello stesso anno in cui è uscito il mio primo disco, A Dance Of Shadows. Vederli sul palco, vedere quella band eseguire quelle colonne sonore dal vivo è stato davvero toccante e formativo. Devo molto anche a tutti gli artisti con cui ho collaborato sugli album – Tobias Bernstrup, Monte Pittman (Madonna e Ministry), Tying Tiffany, Tony Kim (Dance With The Dead), Adrien Grousset (Carpenter Brut), Trevor Church (HAUNT e Beastmaker), Hélène De Thoury (HANTE.), Ugo Laurenti, Antoni Maiovvi (Giallo Disco Records), James Doviak (produttore, compositore e chitarrista di Johnny Marr). Altri musicisti a cui tengo particolarmente sono Darren Travis dei Sadus, un vero mentore per me, col suo modo di cantare e suonare riff assurdi sulla chitarra, col suo modo di comporre così unico. Johnny Marr, per le melodie dei suoi arpeggi inconfondibili ed il suo approccio allo strumento. Claudio Simonetti, che coi suoi Goblin ha realizzato con Profondo Rosso una delle mie prime memorie musicali. Tommy Victor, che coi Prong ha aperto la strada al crossover tra metal, industrial ed elettronica. Chuck Schuldiner, per i suoi testi, la sua coerenza e la sua perseveranza. Andrew Eldritch, che con le sue Sorelle della Pietà ha portato la disco nei meandri più oscuri. Taylor Hawkins e Dave Grohl, che mi hanno illustrato la fondamentale importanza della batteria e della forma canzone, e Michael Jackson, che per primo mi ha insegnato il significato di ritmo, tensione e funk.
Sono onestamente sorpreso da un disco come Cut, per l’immediatezza e la fluidità dei pezzi: un po’ perché qualunque genere revivalista si basa su cliché che hanno sempre funzionato, un po’ perché c’è chi ha quel tocco e chi non ce l’avrà mai. Tu sei soddisfatto di Cut? Credi di aver trovato la quadra? Come? Hai paura dei cliché, dei giri troppo uguali?
Ti ringrazio, sono davvero molto felice che ti abbia sorpreso. Cut è la prima porzione di una doppia uscita il cui seguito, intitolato See, arriverà a breve. Ne sono particolarmente soddisfatto, lo trovo ad oggi il mio lavoro più riuscito. I vari livelli di lettura del titolo mi hanno ispirato ad un livello compositivo e concettuale, portandomi a rendere i brani più corti, più aggressivi ma anche più personali e diretti nei testi e nella resa sonora. I giri uguali – che poi davvero uguali non sono mai – servono a smuovere i corpi sul dancefloor, e di questo non ho mai avuto paura: è anzi quello che mi sono sempre proposto di fare!
A livello “mediatico” mi sembra tu abbia buoni riscontri. La cosa che mi diverte di Confrontational è che le varie anteprime di album, video, pezzi, etc… sono messe in piedi da siti – anche grossi – esteri, mentre l’Italia mi pare un po’ attendista, anche se all’inizio stavi su Bronson Recordings, che di sicuro ha contatti italiani. Sbaglio? Dove sta il tuo pubblico? Cosa dice Bandcamp? Nel senso: da dove scaricano Confrontational?
La stragrande maggioranza del mio pubblico proviene da USA, Germania, Francia e paesi del Nord Europa. Non stavo propriamente su Bronson Recordings, loro hanno curato le uscite in vinile dei primi tre album, e sono molto grato a Chris Angiolini per tutto il supporto che ha dedicato al progetto. Ho curato personalmente le uscite negli altri formati fino all’arrivo su NewRetroWave Records, che fin dall’inizio mi ha supportato tramite il suo canale su YouTube. Concordo, l’Italia è attendista ma gli ascoltatori appassionati non mancano anche da queste parti, seppure in numeri più esigui.
Quest’anno è uscito Upside Down Live, che vede Confrontational in assetto a tre sul palco. Mi fai un favore? Spieghi a chi non ti conosce cosa significa portare in tour dal vivo un progetto come Confrontational? Quali i cambiamenti, quali gli aggiustamenti tecnici necessari, quali i rischi?
Upside Down Live è stato registrato a Fordongianus nella notte di Ferragosto 2023. Suonare all’Upside Down di fronte a quel pubblico è stato davvero incredibile e sono contento che sia stata catturata la magia di quel momento. Sul palco mi affiancano Giulia Blu alle synth / lights e Juan Zurdo alla batteria Simmons. Sono molto grato a Giulia e Juan per il loro apporto, che ci consente di realizzare lo show proprio come lo abbiamo concepito. Dal vivo ci spostiamo con la nostra backline: le nostre luci, le mie B.C. Rich Mockingbird e la Simmons, che coi suoi ormai 40 anni va sempre protetta in maniera particolare. Oltre a cantare e suonare la chitarra, dal vivo curo personalmente il suono dei nostri concerti tramite l’utilizzo di un mixer digitale, che ci consente di avere sul palco gli stessi suoni che abbiamo in studio. La difficoltà maggiore risiede negli spostamenti via macchina dalla Sardegna verso il resto del mondo, ma nel tempo ci abbiamo preso gusto e non vediamo l’ora di tornare on the road.
A proposito di live: è necessario saper tenere il palco, non solo fare bene i pezzi. Nel caso di Confrontational penso sia necessario anche non tradire un look, un immaginario e degli artwork che risveglino un po’ l’adolescente che è in noi. Non per caso tu all’inizio ti affidavi a degli assi come quelli del Branca Studio. Poi sei passato ad altro. Ti va di spiegarci come pensi agli artwork dei tuoi dischi?
Diamo sempre molta importanza alla resa sul palco e le luci di Giulia, insieme al drumkit Simmons, funzionano molto bene in questo senso. Branca Studio ha curato i primi quattro album, mentre Cut è stato concepito insieme ad HauntLove, collaboratore di Arrow Video e Vinegar Syndrome, editori per i quali ha realizzato molte cover di classici del cinema noir e giallo. Mi affido sempre all’istinto. Credo che gli artwork debbano riassumere in maniera concisa ed elegante il senso dei brani, ed immergere l’ascoltatore nell’atmosfera creata dalla musica e dai testi. I lavori di Angelo Stano per Sergio Bonelli sono stati di grande ispirazione per me attraverso gli anni.
Due giochi inevitabili: puoi realizzare la colonna sonora di un film del passato. Quale scegli? Ti ingaggiano per un film prossimo venturo, ti chiama il regista: chi vorresti che fosse?
“Black Glasses”, che compare su Cut, è stata composta e registrata nel 2020 quando ho scoperto il titolo di lavorazione ed i pochi elementi della trama di quello che sarebbe stato il nuovo film di Dario Argento, Occhiali neri. Al periodo si parlava di una possibile collaborazione coi Daft Punk per la realizzazione della colonna sonora ma poi non se ne fece nulla, e questo mi portò a chiedermi: come vorrei che suonasse la soundtrack del nuovo Argento? In qualche modo Cut è stato anche una elaborazione di questo concetto.
Se potessi scegliere un regista con cui collaborare, a parte Argento… faccio tre nomi: Neill Blomkamp, David Robert Mitchell e David Lynch.
Quali sono le prossime mosse di Confrontational?
C’è molto materiale nuovo in arrivo – alcune cover, alcune collaborazioni, un album di inediti – e siamo al lavoro alla ricerca di nuove date in giro per l’Europa. Non vediamo l’ora di portare i nuovi brani sul palco!