CONCRETE, Nunc Scio Tenebris Lux
Uscito nel 1998 su SOA Records, Nunc Scio Tenebris Lux racchiude in sé tutto ciò per cui i Concrete sono entrati nel novero delle band più importanti della scena hardcore italiana anni Novanta e vengono ancora citati da molti gruppi come influenza e ispirazione fondamentale. Al netto dell’effetto amarcord e di ogni hype che (innegabilmente) affianca il nome, resta altrettanto incontrovertibile come la formazione riuscì ad imporre una sua visione al di fuori di ogni stereotipo o percorso in voga all’epoca. Per questo, ancora oggi, nel cominciare la discesa tra i solchi dell’album si resta impressionati da come certe intuizioni, certi spunti, certe contaminazioni ormai date per appurate suonino attuali e a dir poco innovative per il periodo in cui sono state concepite. Si pensi all’uso degli strumenti classici, alle aperture di taglio ambient, alle melodie malinconiche, alle improvvise digressioni e ai saliscendi emotivi, alle feroci esplosioni di furia cieca e agli squarci di rumore bianco e feedback che donano ai brani un umore a dir poco distante da ciò che ai tempi veniva definito hardcore. Non è neanche new school, o metalcore, non si può definire solo screamo o tanto meno noisecore, ma è subito riconoscibile come frutto della mano dei Concrete e di quel tocco speciale che ne rappresentava la firma. Affini per intuizioni a quanto in quel periodo andava facendo una label particolare come la Ebullition e affiancati nei miei ascolti a Quicksand, Die116, Neurosis, 108, Abhinanda, Integrity, Unsane e tutto ciò che si opponeva alla reiterazione pedissequa di una tradizione ormai codificata per riportare l’hardcore a quella voglia di rompere gli schemi propria della prima ondata. Così, mentre le note invadono la stanza, torno con la mente ad una matinée al Garage con loro e i Novembre (forse c’erano anche gli Angiolina Pectoris, ma i ricordi sono confusi) cui ho avuto la fortuna di partecipare oppure ai racconti di chi era stata ai Two Days Of Struggle organizzati dalla Green Records, e mi riaffiorano chiare le sensazioni che già al tempo suscitava in me il nome Concrete. Del resto, la pregevole versione in vinile proposta oggi dalle tre label coinvolte sottolinea il valore di questa musica, di più, costringe in qualche modo a fare i conti con il termine arte che da queste parti – per non apparire fuori luogo o pretestuosi – evitiamo come la peste quando si parla di musica estrema. Eppure era necessario rendere giustizia alla portata e alle emozioni che questi brani riescono ancora a veicolare, per offrire a chi quei momenti non li ha vissuti in prima persona qualcosa che restituisse anche a livello tattile e visivo quanto quei suoni potessero apparire fuori dal normale e preziosi al tempo. Lode quindi a chi ha voluto regalare a Nunc Scio Tenebris Lux una seconda giovinezza, rispettandone il valore. Qualcuno penserà che sto esagerando, me ne prendo la responsabilità e sono convinto di non essere lontano dal vero quando affermo che questo è con buona approssimazione uno dei dischi italiani da portare con sé nell’isola deserta.