Concludendo… Mr. Henry!
Per la seconda volta da quando scrivo per The New Noise mi sobbarco l’incarico di seguire un disco per un anno, pezzo dopo pezzo, mese dopo mese. Un appunto perenne, il ricordo che qualcuno ha creato, sta progettando e programmando quando dovrò ascoltare una determinata canzone. Al termine di questo percorso, finalmente Preludes To Nowhere (un ottimo disco, forse il migliore di tutta la carriera di Mr. Henry) è fra le nostre mani ed Enrico Mangione è qui bloccato da qualche domanda per capire a che punto sia del suo percorso solitario.
È passato più di un anno, tredici mesi ormai da “Lonesome Rise”, primo brano di Preludes To Nowhere. Cosa ti ha spinto a questo percorso lungo e cosa hai percepito durante il 2024 come risposta degli ascoltatori e dei media, sei in grado di dire come sia stato accolto il tuo album?
Enrico Mangione: Sì, da una parte è stato un anno di attesa, perché questo pubblicare continuamente nuovi brani e questo comunicare pubblicamente (e a volte anche non pubblicamente) solo in forma di poesia, il fatto di abbinare fotografie, a musica, immagini a testi social… non è una metodologia standard di promozione e pubblicazione di un disco; quindi è stato un esperimento di cui ero curioso di vedere i risultati. Dall’altra è stata una grande fatica perché ero da solo a farlo e il ritmo delle pubblicazioni era serratissimo, tra newsletter, post social, uscite de singoli… sono arrivato a anche pubblicare cose due o tre volte al giorno per diverse settimane di seguito, una follia! Il risultato mi ha un po’ spiazzato. Credevo di ricevere più attenzione durante il corso dell’anno, invece i due picchi ci sono stati all’inizio quando ho annunciato il progetto e adesso che il disco esce nella sua interezza. Probabilmente siamo ancora legati al metodo tradizionale di uscita del disco e questo sistema di uscite regolari (che penso in perfetta sintonia coi tempi e probabilmente è più facilmente capibile da un pubblico di giovani) è ancora difficile da capire da parte del pubblico di Mr. Henry, che sicuramente giovane non è… Oppure tutta questa quantità di informazioni testuali, visive, musicali ha spiazzato i più se non addirittura allontanato le persone perché ad un certo punto è diventato tutto rumore di sottofondo.
È difficile dire se il percorso sia concluso o appena iniziato. Forse questo è il destino di Preludes To Nowhere: un luogo che esiste solo mentre lo attraversi.
Sono passati 21 anni da quando ti ho conosciuto e un pezzettino di strada l’abbiamo anche fatto insieme. Ma chi è Mr. Henry per Enrico Mangione?
Uh, questa si che è una domanda!
Mr. Henry per me è una specie di amico/ambasciatore immaginario. Ogni tanto, quando ho bisogno di sfogare certe emozioni, certe energie, lo chiamo e parlo tramite lui. Musicalmente è lo spazio che mi sono ritagliato per maltrattare il formato canzone, cantare e sperimentare con la melodia e i brani scritti. Mi piace l’idea di indossare diverse “maschere” a seconda del contesto musicale in cui mi trovo. In tutti gli altri miei progetti (Niton, Downlouders, Lucha Libre…) l’improvvisazione ha un ruolo fondamentale, direi almeno il 70%, con Mr. Henry è il contrario, 70 parti predefinite, 30 impro. È il progetto più intimo e su cui sono molto più sensibile. Il fatto che Mr. Henry non suona più dal vivo (se non rarissime occasioni in contesti particolari e sicuramente non nei locali tradizionali) la dice lunga. È musica che necessita di essere ascoltata con attenzione e probabilmente il modo migliore di farlo è in solitudine prendendosi il tempo e lo spazio necessario. Forse Mr. Henry è ciò che rimane quando smetto di cercare risposte.
Preludes To Nowhere è un titolo che sembra trasmettere una sorta di disillusione, di speranza infranta, ma mai come in questo album mi è sembrato di sentire Mr. Henry così compiuto e splendidamente invecchiato. Hai iniziato molto presto questo progetto, eri forse troppo avanti con i tempi fra il tuo alter ego rispetto alla tua realtà?
Concordo con te che Preludes To Nowhere sia il mio disco meno scuro e più sereno.
Nonostante il titolo possa comunicare disillusione, in realtà per me il concetto di “Nowhere” non è affatto negativo. Siamo di continuo triggerati emotivamente, mitragliati con informazioni, stimoli, significati, che non riusciamo neanche più a concepire uno spazio mentale dove possano convivere il nonesense, la meraviglia, il caos creativo, il silenzio, il vuoto, uno spazio in cui il tempo si dilata e finalmente possiamo essere noi stessi e l’io può esistere nella sua forma più genuina. Quindi il fatto di scrivere dei preludi a un non-luogo è per me un modo per introdurre chi ascolta a questo spazio mentale, indicargli una via, dire “guarda che se provi a fare due passi più in là trovi un mondo che non ti aspettavi”, che non è altro che il nostro Io interiore.
In questi anni hai portato avanti diversi progetti che però mi sembra non ti abbiano mai raffigurato singolarmente in maniera precisa, trovando invece una tua centralità proprio in questo disco e in questo percorso in qualche modo affezionato e confidenziale. Cosa pensavi sarebbe successo quando più di 20 anni fa hai iniziato a prendere sul serio la storia di Mr. Henry? Dove pensavi di poter arrivare e come si è trasformata quest’avventura nel tempo?
Vero, in Preleudes To Nowhere confluiscono tutte le mie esperienze di vita e musicali degli ultimi 25 anni. C’è un po’ di psichedelia modale di matrice Downlouders, un po’ rumorismo alla Lucha Libre, un po’ di esplorazioni elettro acustiche dei Niton, ma anche delle ricerche sulla chitarra preparata, i libri, i dischi, i concerti che mi hanno ispirato nel corso degli anni.
Per la prima volta sono anche riuscito a coniugare il mio amore per la fotografia con il discorso musicale. In questo senso potrebbe essere il disco che chiude un’era. Quando nel 2003 è uscito Lazily Go Through non avevo idea di dove mi avrebbe portato e onestamente non me ne è mai neanche importato granché nel senso che non ho mai pianificato nulla dal punto di vista artistico, l’importante per me è sempre stato battere nuove strade, certo con un proprio stile de una propria coerenza ma mai rifare lo stesso disco! Ho sempre vissuto l’evoluzione del progetto in modo molto naturale e senza grandi aspettative se non quella di pubblicare solo materiale in cui credo.
Spesso mi è sembrato di percepire le canzoni di Preludes to Nowhere come una tua solitaria visione degli altri e dello stato delle cose. La musica di Mr. Henry per te è faccenda puramente personale oppure il contatto con il mondo, il pubblico e i musicisti sono variabili considerate all’interno della tua via artistica?
Mr. Henry è un affare personale senza ombra di dubbio. Poi è naturale che in qualche modo il mondo esterno ne entri a far parte. Dal punto di vista dei temi trattati nei testi l’intimismo è il cuore del progetto, al punto che due album su quattro non hanno testi veri e propri proprio per lasciare a chi ascolta la libertà di dare un significato proprio ai brani. Dal punto di vista musicale, i musicisti che hanno contribuito al progetto sono tutte persone a me vicine e che ho scelto anche per le loro caratteristiche personali. Non puoi suonare in un progetto del genere con persone che a cui non faresti leggere il tuo diario. Anche perché alla fine Mr. Henry può essere visto come il mio diario in musica.
Quasi contemporaneamente al disco di Mr. Henry esci anche con terza parte di Niton in 11, album fortemente collaborativo del progetto che condividi con Zeno Gabaglio e Luca Martegani. Come “switchi” queste tue due anime? Ci sono degli incroci, delle intuizioni e delle ispirazioni che saltano da una parte all’altra?
Sì, è incredibile come alla fine i due dischi siano usciti a soli due giorni di distanza… Non faccio molto caso allo “Switch” tra i due progetti, semplicemente come dicevo prima ogni band /progetto ha il suo spazio e la sua identità, quando suono coi Niton entro in modalità Niton e basta. Ovviamente sono sempre io che suono quindi le esperienze non possono essere completamente separate, ci sono dei momenti in Niton, ad esempio quando faccio gli “assoli di tubo”, dove faccio volontariamente emergere il lato melodico “alla Mr. Henry”. Ma ci sono stati momenti nella registrazione di di Preludes dove ho proprio attinto a piene mani dall’esperienza Niton, ad esempio la coda di “Desert Sky” o i glitch di “A Necessary Evil”.
Personalmente credo che Preludes To Nowhere sia di gran lunga il tuo lavoro migliore, trovandolo anche molto collegato al tuo esordio Lazily Go Through. In qualche modo mi sembrano come i due ganci di una collana che vanno a riunirsi dopo un percorso che può essere quello di una vita artistica. Che sensazioni hai rispetto a Mr. Henry e alla sua traiettoria?
Ho avuto mille dubbi durante la preproduzione di Preludes (ha senso un altro disco? Sarò all’altezza dei dischi precedenti? Gliene fregherà qualcosa a qualcuno? Mi sto ripetendo inutilmente?), ma con questa domanda ne hai spazzati via molti!
Sì, credo che ci sia un fil rouge che collega tutti i miei dischi e non escludo che a posteriori guarderò a questo quartetto come a un blocco unico che si è evoluto da Laziliy a Preludes secondo una sua coerenza e una sua logica. Credo che per ora Mr. Henry sia andato nella direzione che gli era naturale e che questo il modo migliore di gestire la cosa. Zero aspettative, zero pressioni, lasciamo che le cose vadano avanti da sole. Più volte ho detto che ad amici che mi chiedevano pezzi nuovi o di suonare dal vivo di non aspettarsi nulla di nuovo da Mr. Henry in futuro semplicemente perché sono io il primo a non aspettarmi niente ed è giusto così.
Cosa farai ora?
Eh boh, per ora vado avanti con Niton, abbiamo molti progetti e molte idee, spero di riuscire a concretizzare tutto.
Oltre a questo ho ripreso le prove dei Lucha Libre e sto pensando cose più specificamente chitarristiche in solitaria, vedremo.
Ciò che è certo è Mr. Henry per ora ha bisogno di riposarsi, lasciamo che si ricarichi in quel di Nowhere e quando sarà pronto lo vedremo spuntare dal nulla con qualche nuovo Nowhere.