Con Biennale Musica 2023 Lucia Ronchetti sfida le accademie
Morton Subotnick, Brian Eno (Leone d’oro alla carriera), John Zorn, Autechre, Kali Malone, Francesca Veronelli, Robert Henke, Andrea Liberovici, Lucy Railton, Kode9, Lamin Fofana questi sono solo alcuni dei musicisti che parteciperanno alla 67esima edizione di La Biennale Musica. Rimandando i nostri lettori all’articolo già pubblicato sul ricchissimo cartellone, è un piacere ed un onore ospitarne sulle nostre pagine il direttore artistico, la compositrice romana Lucia Ronchetti. Ronchetti ha studiato Composizione e Musica elettronica al Conservatorio di Santa Cecilia di Roma, è laureata in Storia della Musica all’Università della Sapienza e approfondisce la sua formazione frequentando i corsi tenuti a Città di Castello e Fiesole da Salvatore Sciarrino e Sylvano Bussotti poi in Francia dal 1994, dove vince una borsa di studio in Musicologia a Parigi, discute la sua tesi di Dottorato in musicologia con François Lesure all’École pratique des hautes études a la Sorbona, studia con Gérard Grisey e segue il corso annuale all’IRCAM con Tristan Murail, nel 2005 è Visiting Scholar alla Columbia University di New York. La sua carriera si svolge prevalentemente all’estero ed è attualmente in residenza al Wissenschaftkolleg zu Berlin/Istituto di Studi Avanzati di Berlino. È altresì titolare della cattedra di Armonia, Contrappunto, Fuga e Composizione presso il Conservatorio di Salerno.
Opere e composizioni di Ronchetti sono eseguite in tutto il mondo: la sua nuova opera, “Das Fliegende Klassenzimmer”, in maggio ha debuttato alla Deutsche Oper am Rhein e la Hannover Staatsoper ha presentato una nuova produzione del “Pinocchios Abenteuer”, mentre l’opera corale “Chronicles of loneliness” è stata prodotta dalla Kölner Philharmonie di Colonia, questi alcuni dei suoi impegni per il 2023.
In una intervista di qualche anno fa definì il suo stile compositivo “post-moderno”, corretto?
Lucia Ronchetti: Il postmodernismo è un concetto molto generico, soprattutto se applicato al campo del teatro musicale, ma può sicuramente riferirsi a lavori compositivi che fanno ricorso a linguaggi musicali e stilemi estetici provenienti da diversi periodi e da diverse culture. Nel caso dei miei progetti di opera e di teatro musicale, preferirei definirli “inclusivi” di sollecitazioni e riferimenti diversi da quelli del percorso di ricerca ufficiale della musica scritta europea.
In uno dei miei prossimi lavori, “Searching for Zenobia”, un progetto sulla migrazione incentrato sulla figura della regina siriana di Palmira, che nel secondo secolo dopo Cristo sfidò l’esercito romano di Aureliano, sto lavorando su un libretto originale dello scrittore siriano Mohammad Al Attar e partecipano nello spettacolo due musicisti siriani rifugiati a Berlino, la vocalist Mais Harb e il percussionista Elias Aboud. Con loro ho collaborato in varie sessioni preliminari per la creazione di musiche basate sulla tradizione siriana, che ho poi trascritto nella mia partitura, a rendere più complesso il mosaico di riferimenti stilistici. L’opera sarà presentata dalla Münchener Biennale a Monaco a giugno 2024 e dallo Staatstheater Braunschweig con la regia di Isabel Ostermann. Questo tipo di teatro musicale, che implica un grande lavoro di collaborazione tra compositore, librettista e interpreti, sia durante la fase ideativa che quella performativa, può essere definito postmoderno, nel senso di processi produttivi diversi dalla normale routine operistica.
Dopo numerosi incarichi e prestigiose commissioni all’estero – ad esempio è stata la prima compositrice cui la berlinese Staatsoper Unter den Linden ha commissionato nel 2017 un’opera (“Rivale”) – ha ricevuto la notizia del suo incarico a La Biennale Musica, anche qui prima donna designata per questo ruolo apicale. Ne è rimasta sorpresa?
Sorpresa non è forse la parola giusta, perché io stessa mi sono proposta per questo incarico, inizialmente durante la presidenza di Paolo Baratta e poi di nuovo quando è stato nominato presidente Roberto Cicutto, al quale sono molto grata di avermi concesso questa grande chance. Ho pensato che dopo tanti anni di esperienza al di fuori dell’Italia, sia di studio che di lavoro, avendo avuto modo di conoscere tanti compositori attivi provenienti da tanti paesi e linguaggi diversi e di assistere a tantissime prime, nei festival dove anche la mia musica era programmata, potessi proporre la mia visione della realtà compositiva attuale. La Biennale Musica è il più importante e storico festival musicale italiano, inserito nel contesto di una realtà culturale come La Biennale di Venezia che non ha eguali al mondo. Il mio scopo è quello di far emergere la Biennale Musica, e farla diventare una “destinazione”, un luogo di pellegrinaggio culturale importante e obbligato per tutti, come sono la Biennale Arte e la Biennale Architettura. Penso infatti che il linguaggio musicale sia una delle grandi creazioni dell’umanità e che Venezia sia una città che nella sua storia ha partecipato in modo fondamentale all’evoluzione di questo linguaggio e spero che il prima possibile tutte le istituzioni si rendano conto dell’importanza della musica italiana nel mondo e di quanto andrebbe sempre sostenuta e diffusa, dati i grandissimi compositori riconosciuti a livello planetario, da Claudio Monteverdi a Luigi Nono, per citare due veneziani che influiscono sulla percezione e il rispetto della lingua e cultura italiana e contribuiscono alla estrema ricchezza del nostro Paese.
Parafrasando il testo di un brano dei Velvet Underground, “Rock n’ Roll” (1969). Reed cantava qui le gesta di Jane (alter ego del giovane Lou): “despite all the amputations you know her life was saved by a Rock’n roll Station”. Possiamo dire che alla giovane Lucia la vita l’ha salvata la musica contemporanea alla radio, ed in particolare quella di Bruno Maderna?
Certo, Bruno Maderna è un altro compositore veneziano straordinario, morto troppo presto, di cui siamo tutti debitori e devoti ammiratori. Nel mio caso, senza la sua musica, non avrei forse deciso di combattere tutte le battaglie possibili pur di diventare un compositore, ma devo anche molto a Radio Tre, la straordinaria radio culturale italiana che ha sempre sostenuto e diffuso la musica contemporanea e che è sempre riuscita ad arrivare nei luoghi più remoti e ai musicisti più isolati come ero io. Radio Tre è una eccellenza italiana, una radio che continua a stupirmi e con la quale sono onorata di collaborare per la Biennale Musica 2023, attraverso le Lezioni di Musica curate da Paola Damiani, “La notte di Battiti” che organizziamo con Pino Saulo e gli audio documentari sulla Biennale Musica College che saranno realizzati da Giovanna Natalini per “Tre Soldi”.
Ha dichiarato che per Lei comporre è ragione di vita, la pagina bianca di uno spartito è dunque la possibilità di un’isola tutta sua e solo in seguito di un auditorium, di un pubblico, in altre parole comporrebbe anche senza uno scopo “mondano”?
Certo! Nei cassetti del mio studio ci sono almeno 300 partiture che ho composto quando non credevo che le mie musiche sarebbero mai state eseguite, lavori che ora ho cancellato dal mio catalogo ma che stanno sempre accanto a me e rappresentano la mia vera biografia, cosa stavo componendo in quel dato anno, quel dato momento. In realtà ho molta nostalgia di quel lungo periodo in cui potevo comporre quello che volevo perché ero libera, anche se disperata!
Una delle sue opere più complesse ed amate, cui assistemmo nel 2016 alle Terme di Diocleziano per il RomaEuropaFestival, s’intitola “Inedia Prodigiosa”. Ebbene di questa composizione inizialmente mi intrigò proprio il titolo che fa riferimento ad una pratica medievale femminile, una sorta di miracolosa mancanza di appetito finalizzata, stando all’interpretazione di studiosi come Rudolph M. Bell in “La Santa Anoressia”, all’appagamento spirituale, ma desidero piuttosto chiederle una riflessione riguardo al termine contrario di inedia e cioè dinamismo perché Lucia Ronchetti ci appare dalle sue molteplici attività musicali una vera “stakanovista”, è questa impressione di totale dedizione condivisibile e se si è frutto di un tratto caratteriale o parte di una pratica inevitabile per chi fa il suo mestiere?
Penso che sia inevitabile per un compositore lavorare costantemente e intensamente, per rendere solido e coerente il rapporto difficile tra l’ideazione sonora e la trascrizione in partitura delle proprie idee. Quello che si presenta mentalmente come una nebulosa acustica, metamorfica e sfuggente, come un miraggio sonoro senza una dimensione spazio temporale definita, deve essere poi trasformato in un linguaggio simbolico complesso che scorre cronologicamente e per questo passaggio ci vogliono allenamento e continuità.
Recentemente ero ad Aix-en-Provence per l’esecuzione del nuovo pezzo di Betsy Jolas, compositrice francese 97enne, eseguito da Simon Rattle e la London Symphony Orchestra e Betsy era in prima fila, sensibile, emozionata e agitata, come una meravigliosa bambina che sta per realizzare i suoi sogni e non può che essere così, ogni partitura eseguita è una sorpresa che si rinnova e che emoziona.
Questa seconda edizione della Biennale Musica da Lei firmata è una vera sfida alle “accademie” e alle congreghe istituzionali affiliate, in buona sostanza sembra più un Festival di musica elettronica berlinese (vedi alla voce CTM) o olandese (Le Guess Who?). Quali sono le ragioni che l’hanno portata in questa direzione?
Il festival “Micro-music” è dedicato alla nuova era dell’ascolto digitale ed è quindi solo in parte un festival di musica elettronica. Penso che sia importante capire questa nuova rivoluzionaria era dell’ascolto digitale, analizzarne i canali di diffusione e studiare e presentare la reazione dei compositori attivi e dei musicisti creativi di tutto il mondo. Il CTM di Berlino è un festival di riferimento per la scena elettronica e devo molto al suo direttore artistico Remco Schuurbiers, col quale ho avuto tante conversazioni illuminanti, così come con il team di Sonic Acts di Amsterdam e il suo direttore Lucas van der Velden, e Ars Electronica di Linz guidata dal visionario Gerfried Stocker. Sono onorata della loro collaborazione con la Biennale Musica e della loro presenza, come anche dalla partecipazione del Leone d’oro alla carriera Brian Eno e del Leone d’argento Miller Puckette, due artisti straordinari che hanno cambiato il mondo della musica digitale e continuano nella loro ricerca e con le loro sorprendenti intuizioni.
La sua attuale residenza al Wissenschaftkolleg di Berlino, capitale mondiale delle nuove musiche elettroniche ha influenzato le sue scelte nel selezionare il cartellone di La Biennale Musica 2023?
Per me è stato un grandissimo riconoscimento essere scelta come compositore in residenza al Wissenschaftskolleg zu Berlin, dove ho passato questo anno in dialogo continuo con intellettuali, ricercatori, scienziati e scrittori provenienti da tutto il mondo, studiosi di grandissima fama e persone meravigliose. È un mondo complesso e illuminato all’interno del mare magnum berlinese, una città dove tutti i concerti e gli eventi musicali di musica classica, opera, jazz, elettronica sono sempre sold out, dove gli abitanti vivono per poter ascoltare musica e dove tutte le scene musicali hanno la propria patria, il diritto di esistere e svilupparsi: un paradiso terreste per un compositore, una scuola di vita per un direttore artistico.
La Biennale Musica offre uno dei palcoscenici più prestigiosi al mondo, tuttavia quali sono stati gli artisti più “complicati” da portare a Venezia, quelli su cui più avete dovuto lavorare?
La difficoltà più grande è quella di organizzare un festival significativo per la città di Venezia, per i suoi abitanti, coinvolgendo i luoghi e le istituzioni in cui la musica è nata, è stata tramandata ed è conservata. Penso che questo sia un imperativo categorico che dovrebbero seguire tutti i direttori artistici che sono nominati in questo contesto e ho cercato di collegare il più possibile i luoghi storici con gli artisti invitati, artisti che non sempre sentono necessario riflettere sulla specificità del luogo dove la propria musica viene eseguita. La funzione del direttore artistico è proprio quella di creare queste connessioni tra la performance e i luoghi ed offrirle al pubblico come ulteriore livello dell’esperienza dell’ascolto. In questo senso ho incontrato molte difficoltà che, grazie al team della Biennale Musica, sono state in parte superate e sono molto felice di poter presentare il concerto di Kali Malone nella Basilica di San Pietro di Castello, la performance di Robert Henke nel Teatro Malibran, il concerto di Brian Eno nel Teatro La Fenice, la performance di John Zorn nella Sala Concerti del Conservatorio di Musica e di avere programmato concerti in luoghi fantastici e inediti per la Biennale Musica quali la Chiesa di San Trovaso, la Chiesa di San Salvador, il surreale spazio del Piazzale Divisione Acqui a Mestre e gli spazi di Forte Marghera con progetti pensati per questi luoghi e per le loro caratteristiche acustiche.
Infine per Lucia Ronchetti spettatrice, non direttore artistico, quale/quali saranno i concerti a cui terrà di più assistere?
Come ascoltatore, aspetto con gioia di conoscere e ascoltare Morton Subotnick, pioniere venerato della musica elettronica, le grandi e riconosciute, seppur giovani, sognatrici di inaudito come Francesca Verunelli, Johanna Bailie e Brigitta Muntendorf e il live finale di due geniali e allegri sound designer, Nicolas Becker, Robert Aiki Aubrey Lowe.