COFFINS, Sinister Oath
A distanza di cinque anni da Beyond The Circular Demise fanno la loro ricomparsa i Coffins, che a suon di massacri e atmosfere lugubri hanno messo a soqquadro questo ambiente per molto tempo. Sono i maestri del death/doom nipponico – assieme a S.O.B. e G.I.S.M. hanno definito il concetto di estremo in Giappone – e hanno mantenuto il loro nome vivo e vegeto fino ad ora. Attivi dal 1996, hanno seguito la scia della scuola death metal americana degli anni Ottanta (Autopsy in primis), aggiungendo al tutto registri doom funerei e monolitici. Una miscela sonora che, passo dopo passo, hanno perfezionato, creando qualcosa di intoccabile e personale, riconoscibile al primo ascolto, e accontentando una vasta fetta di cultori del genere. Il nuovo lavoro, Sinister Oath, uscito lo scorso marzo per la Relapse Records, conferma la loro predisposizione a creare assalti monolitici e atmosfere ferali, poi una produzione accattivante e artwork degni dei maestri dell’horror/splatter fanno il resto. Incollandoti alla sedia per tutta la sua durata, Sinister Oath gioca e vince a mani basse soprattutto per come posiziona riff incisivi e blast d’assalto in chiave punk hardcore, ad esempio in “Chain”, un mulinello di rumore composto da riff velenosi, doppia cassa opprimente guidata da una voce fredda, arcigna. È un disco che fa felice una larga fetta di ascoltatori estremi, come con la opener “B.T.C.D.”, un brano strumentale colmo di rallentamenti e blast carnivori, una pioggia di riff massicci ed atmosfere tetre e velenose.
Quest’album funziona oggi senza riserve, ma avrebbe funzionato anche vent’anni fa. La matassa sonora folle dei Coffins è ancora sulla cresta dell’onda.