COFFIN BIRTH, The Serpent Insignia
The Serpent Insignia è il debutto di questo super gruppo della scena estrema italiana. E quando Marco Mastrobuono (Hour Of Penance) e Francesco Paoli (Fleshgod Apocalypse) decidono di fare le cose per bene, le fanno. E in grande stile, coadiuvati da altri mostri come il tentacolare batterista Davide Billia degli Antropofagus e il versatile Frank Calleja dei Beheaded alla voce.
Tutto il disco ruota intorno a un pedale per chitarra, l’HM2, particolarmente osannato da molti musicisti della scena death metal svedese. Aggeggio che dona quel particolare suono “crunchoso”, da motosega arrugginita, che ha fatto la fortuna di Entombed, Unanimated e Dismember. Dieci canzoni per quasi quaranta minuti di musica che non si discosta dai canoni appena citati, ma che sa regalare grandi momenti di death metal. Semplicemente death metal che proviene dai primi anni Novanta imbastardito da quelle vibrazioni telluriche e sanguigne tanto care al death’n’roll di Wolverine Blues dei mitici Entombed. Qualcuno, leggendo queste parole, potrà obiettare che di album così sono pieni i fossi e se ne sfornano a centinaia… È vero, ma Serpent Insignia vince grazie alla personalità e alla grande maestria dei musicisti che lo hanno creato. Un sound fresco, per niente ancorato al passato, anche se il passato è dietro l’angolo. Un disco – ok, di death metal molto svedese – con un carisma che neppure tante band del Nord Europa possiedono. Un disco che non solo gli amanti del genere dovrebbero avere. Infine, un disco che ci auguriamo non restare l’unico episodio della storia dei Coffin Birth.