CLUB DOGO, 17/4/2024
Milano, Forum.
Colpevolmente optiamo per una velocissima cena di pesce che ci fa arrivare in ritardo, considerando la situazione dei parcheggi al Forum per l’ultimo dei dieci spettacoli in programma dei Club Dogo. Il palazzetto è gremito e vestiti di nero, Jake La Furia e Guè Pequeno, con Don Joe a cucire i beat, attaccano un brano dopo l’altro.
Pubblico eterogeneo, “Cronache Di Resistenza” accolta dai boati, pugno alzato per Jake. Poi “Rap Soprano”, Mi Fist nelle orecchie, “Hard Boiled”. 23 anni dopo, appesantiti, lesi dal successo, gonfi. Tutt’altro, show basic, scratch e rime, poco altro. Dritta la scelta di iniziare un disco e spolparlo, considerando che la maggior parte del pubblico ai tempi era probabilmente altrove, o non aveva il permesso di frequentare certa teppa. “La Vida Loca” ed è stacco. Poi un bosco sullo sfondo, un dogo a brucare, arrivano le fiamme, cambio outfit e “Spacco Tutto” prende vita con migliaia di persone a chiudere le barre. Ballerine per “Chissenefrega (In Discoteca)”, gli zarroganti sono tornati in pista, la capacità di pompare banger come se non ci fosse un domani. Noi siamo il Club, non siamo più quello di Mi Fist, si passa avanti trasversalmente, che bello essere noi, gli album che scorrono mentalmente come vinili sotto le dita in un negozio. “Per La Gente” è poesia di strada oggi, musica popolare del muretto e della curva. Attacca “Brucia Ancora” e si sente puzza di J Ax, che puntualmente arriva e nonostante tutto fa il suo, alla fine è storia del rap in Italia e storia del rap a Milano. Arrivano una fontana, panchine, vespini, o è un omaggio a Cremonini o dovrebbe arrivare Ensi coi “Ragazzi Della Piazza”, ma è un falso allarme. Passa del tempo, suoni glitch, bare e Lamborghini, Scarface ed un’idea di storia e di futuro compressa sullo schermo. La cricca fuma le zizze, ondeggia e prepara qualche canna. È “Il Mio Mondo, Le Mie Regole”, siamo a tre anni prima, per poi catapultarci nell’ultimo disco con La mafia del boom-bap. Continuano con “Milly”, senza Sfera Ebbasta, ma con la potenza di un album, omonimo, che come detto in sede di recensione è stato registrato con il chiaro intento di rimanere come standard e non per un ritorno di fiamma o economico. Jake la Furia chiede il fuoco per la musica reggae, “King Of The Jungle” è già un classico, nel segno del legame che i Dogo hanno sempre avuto con la Giamaica, e “Note Killer” continua su quel groove pur essendoci 21 anni fra un brano e l’altro. Ecco Giuliano Palma, The King, per la storica “PES”, quando Pato era una realtà a San Siro. “Tornerò Da Te” prima di una seconda pausa, con il filmato di una pianista, suicida, che introduce “Lisa”, emozionante e profonda, che ci raggiunge nel medesimo istante nel quale vengo a sapere della dipartita di Marco Klammer, attore di culto e bizzarro che in Todesmarsch nach Chiasso apriva parentesi che non chiuderà, mai a creare un collegamento fra morti, viaggi, altri luoghi. “Soli A Milano”, la voce di Elodie come un lenitivo, poi “Fragili”, con le corde di Arisa lanciate da Don Joe, beat euro dance per la bolgia. “Nato Per Questo”, le immagini del quartiere, fotografie di repertorio, la capacità innata di dipingere paesaggi “temporali” in tre minuti. Marracash arriva, emozionato ed emozionante, incespica in qualche barra ed alza ancora il tasso dello show con la sua voce e l’ovazione che ne consegue. Ne approfittano, “Ciao Proprio”, l’uomo di Neanderthal e Don Vito. Poi si aggiunge Vincenzo da Via Anfossi, voce cavernosa ma tirato a lucido, “Puro Bogotà” è un inferno, la tecnica e l’acustica sono andati in culo, si parla di tenacia e di sudore, per quello che sembra a tutti gli effetti un gran finale. C’è però spazio anche per “Una Volta Sola”, per poi chiudere alle 23 precise. Lo svizzero dovrei essere io, ma stasera i Dogo vincono anche in questo. Naaa, ci regalano “Voi Non Siete Come Noi”, infatti, per chiudere con una poesia (nelle parole di Jake la furia) come “All’Ultimo Respiro”.
Il prossimo passo sarà San Siro a giugno, per ora i Club Dogo ed il nostro reportage chiudono così, abbracciati in cima al palco, negli applausi.