CHRIS ABRAHAMS, Climb
Decimo disco solista per Chris Abrahams: negli anni il pianista australiano ha alternato la propria attività all’interno dei Necks con quella “in proprio” e con collaborazioni anche di un certo interesse (su tutte quelle con Mike Cooper, Lucio Capece, Alessandro Bosetti). Dei dischi a nome Chris Abrahams una metà per piano solo, una vede l’utilizzo di altri strumenti, field recordings e un ricorso misurato all’elettronica, ed esce di solito per Room40.
In linea di massima trovo che l’utilizzo del pianoforte al di fuori dei Necks non valorizzi appieno il discorso musicale di Abrahams, preferisco di gran lunga i momenti in cui il pianista sperimenta altre soluzioni, come in Fluid To The Influence, il bell’album sempre dello scorso anno. In Climb, invece, il talento cristallino e inconfondibile dell’australiano sembra un po’ perdersi dietro a virtuosismi ed esecuzioni funamboliche. Certo non mancano qui episodi di valore, per lo più quelli in cui troviamo una parvenza di melodia (il brano d’apertura, “Roller”) o per converso quelli da cui emerge una certa vena astrattista (soprattutto “Dog Rose”, forse la traccia più felice del lotto).
Negli altri casi la poetica di Abrahams, quello zampillare apparentemente disordinato dietro cui è un piacere perdersi nei dischi dei Necks, sembra soccombere dentro la gragnola di note.
Tracklist
01. Roller
02. The Sleepings And The Drifts
03. Overlap
04. Beach Of Black Stones
05. Fern Scrapes
06. Dog Rose
07. Shoreline