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CHELSEA WOLFE, She Reaches Out To She Reaches Out To She

Ricordo una conversazione con Chelsea Wolfe svoltasi per via telefonica a notte fonda, alle una antimeridiane. Questo era il suo desiderio in occasione della promozione di Abyss, quinto album, magnifico e sfaccettato, dedicato alla dimensione del sonno e del sogno. Wolfe raccontava all’epoca di soffrire di paralisi ipnagogica, un disturbo percepito come una spaventosa dissociazione, poiché la mente è presente – in preda ad allucinazioni di apparizioni malefiche, durante la fase REM – al contrario del corpo, incapace di reagire. Un limbo, proprio come nel dipinto di Füssli citato in quella copertina iconica, dalle foschie bluastre.

Tutto ciò, dalle tematiche sui confini tra stati onirici e realtà ai colori freddi, sembra tornare con prepotenza in She Reaches Out To She Reaches Out To She, l’ottavo capitolo di studio per la singer-songwriter californiana, il primo pubblicato da Loma Vista. Lei se ne sta lì, avvisando sin da uno dei singoli estratti che “Everything Turns Blue”, cullando un uovo (alieno) nell’artwork a perfetto corollario (Ho usato molte immagini di questo uovo per questo album, questa sorta di misterioso, grande uovo che sto coltivando e proteggendo, ha spiegato Wolfe, ispirata all’anime arty giapponese Angel’s Egg del 1985, in una recente intervista con The Line of Best Fit). Le musiche si avvicinano però decisamente a un altro dei suoi lavori, cioè Pain Is Beauty del 2013, campionario di fiabesche canzoni dark dove l’impiego dei sintetizzatori e la pulizia eterea della voce predominavano, persino in rapporto ad argomenti materici, connessi alla natura, alla mitologia, alla tradizione.

A ormai un lustro dall’antecedente Birth Of Violence (nel mezzo, la colonna sonora per il film horror “X” di Ti West e la collaborazione con i Converge), Wolfe conferma di saper attraversare vari generi pur non vestendo i panni della trasformista: lo-fi, folk, dark wave, doom, heavy rock, sludge, gothic blues… Tanto quanto Birth Of Violence riprendeva il discorso acustico di Unknown Rooms, She Reaches Out To She Reaches Out To She riannoda appunto i fili con il synthpop di Pain Is Beauty. L’effetto globale è ad ogni modo maggiormente livido, in sospensione tra influssi industrial e trip hop, che volendo è come a dire tra Nine Inch Nails, Massive Attack e la PJ Harvey di Is This Desire?, con melodie post-dream pop a fare da lame di luce. Melodie che emergono dalla succitata ballad “Everything Turns Blue”, che elettronifica la lezione di 4AD, oppure da una “Tunnel Lights” che srotola velluti ovviamente blu in direzione dei Portishead e dei migliori Daughter (If you deny death, you deny life / Let it suffer, let it shine), o ancora da una “Place In The Sun” che pulsa classicità soul e dalla sontuosa “Dusk”, che potrebbe fuoriuscire benissimo da Mantaray di Siouxsie.

Il cambio di etichetta e la comprensibile ambizione di parlare a un pubblico più vasto, presumiamo, non deve comunque allarmare: non c’è molto altro di immediatamente accessibile da queste parti, semmai di più morbido, levigato e avvolgente, senza farsi mancare riffettoni metal a firma Bryan Tulao (nella fantasmatica “Whispers In The Echo Chamber”), elementi analogici (“The Liminal” poggia sul pianoforte, il minimalismo percussivo di “Unseen World” si apre ad archi enfatici da Björk degli anni ‘90) e sperimentazioni varie (la doppietta costituita da “Eyes Like Nightshade”, dove si canta in zona Tricky I am flying in my sleep, e “Salt)”. La produzione hi-fi è di David Andrew Sitek dei TV On The Radio, mentre i partner in crime rimangono delle certezze, a partire dall’immancabile multistrumentista Ben Chisholm, per proseguire con la batterista Jessica Gowrie (già metà nel side-project punky Mrs. Piss). Forse la presenza di quest’ultima si avverte specialmente in “House Of Self-Undoing”, l’unico episodio dal passo espressamente alt-rock del lotto.

L’album, secondo Wolfe stessa, liberatasi nel frattempo dalle catene dell’alcol e da alcune situazioni tossiche, parla del sé passato che si protende verso il sé presente che si protende verso il sé futuro per evocare cambiamento, crescita e guida. Adesso è (di nuovo) un altro mondo, non il primo da visitare per approcciarsi a Wolfe, ma di certo un altro bel tassello da mappare nel suo universo.