Chat Pile, Oklahoma City Horror
Partiamo dall’inizio. God’s Country, il loro primo full length dopo qualche singolo ed ep, aveva letteralmente svoltato il mio 2022 pesante, corroborato anche dallo splendido Tenkiller, OST di un film thriller che mostrava tutte le frecce nell’arco dei Chat Pile. Quartetto con base ad Oklahoma City e su Flenser, etichetta di San Francisco che negli anni ha messo in stampa dischi stupendi e alla quale sono particolarmente legato per una splendida t-shirt ed una musicassetta dei Father Murphy. Ma andiamo con ordine: dopo un corteggiamento di un paio di mesi riesco ad avere una finestra di colloquio con Stin, il bassista di una delle band che più mi ha entusiasmato negli ultimi anni e che di recente è tornata a far parlare di sé con Cool World, il suo secondo album lungo. Questo è ciò che ci siamo detti.
Grazie mille per il tuo tempo innanzitutto! Com’è andato il vostro lavoro con Cool World, il vostro secondo album? Alle nostre latitudini God’s Country è diventato quel che si suol dire un piccolo successo, sia di critica che di pubblico. Vi siete sentiti sotto pressione per il vostro ritorno oppure avete agito liberamente sulla vostra musica?
Stin (basso): Beh, sai…la gente ci ha chiesto abbastanza spesso se ci sentissimo sotto pressione cercando di proseguire quanto ottenuto con l’ultimo album, che è andato molto bene (con nostra sorpresa), ma abbiamo lavorato a Cool World non pensandoci troppo. Ovviamente volevamo che il pubblico apprezzasse il nostro nuovo lavoro. Volevamo che anche la critica lo apprezzasse, ma soprattutto quel pubblico che ci segue da tempo. Sia come sia, alla fine eravamo come sempre semplicemente noi in una sala a sperimentare e a scrivere nuova musica, quella che avremmo voluto sentire. Non credo che tutta questa pressione ci abbia influenzato nello scrivere in una certa maniera, insomma: abbiamo semplicemente fatto ciò che sembrava giusto per noi. Forse l’unica volta che abbiamo pensato lucidamente a questo tipo di cose è stata quando abbiamo realizzato di avere Ben Greenberg degli Uniform a mixare il nostro disco: è stata la prima volta che un agente esterno è intervenuto sulla nostra musica. Essendo stati abituati finora a far tutto da soli, l’avere qualcuno che si occupasse di questo è stato inizialmente un po’ strano anche perché gli ascoltatori apprezzavano il nostro suono. Nell’ultimo periodo però parlando con Ben ci siamo accorti di come fossimo in qualche modo allineati e di come capisse ciò che volessimo ottenere dal nostro suono. Fece quindi una sorta di test mix trovando la soluzione più adatta al primo tentativo, facendoci capire immediatamente che era la persona corretta per fare un lavoro eccellente. Ad eccezione di questo, quindi, è stato il nostro solito “business”, com’eravamo abituati ad agire.
Una domanda che per me è abbastanza importante sul vostro nome: Chat Pile. Da quanto ho capito è relativo ai resti degli scavi minerari che presumo si facessero o si fanno nei dintorni del vostro contesto, quindi l’Oklahoma. Perché l’avete scelto?
Inizialmente l’idea della nostra band era quella di voler rappresentare realmente quella parte dell’America dove viviamo, l’unicità e la personalità di quei luoghi. Una zona che non si vede molto rappresentata nonostante ci siano molte cose interessanti che succedono qui. Così, pensando a come chiamarci e a come connotare l’identità della band, siamo finiti su Chat Pile, che racconta una storia abbastanza importante soprattutto se vivi in quest’area. In questa zona esiste un’antica città mineraria chiamata Picher dove estraevano soprattutto piombo che veniva utilizzato per le munizioni della Prima Guerra Mondiale e nel tempo stoccavano i residui (le cosiddette “chat”) velenosi di queste estrazioni in enormi montagne all’aperto. Il tutto era talmente tossico da intaccare il sottosuolo avvelenando le acque della città, che è stata poi visitata anche da un tornado e definitivamente chiusa dalle autorità, diventando una vera e propria città fantasma. Andando a visitarla puoi proprio vedere queste vere e proprie colline tossiche, le più tossiche dell’America!
Pensammo fosse la giusta rappresentazione del mood della band!
Fabrizio, il boss di The New Noise, quando ha saputo che ti avrei intervistato, era entusiasta che avrei parlato con il bassista della band e che avremmo dovuto pensare ad una domanda sulla vostra sezione ritmica, stra anni Novanta e stra godfleshiana. Quindi eccoci qui, che tipo di influenza hanno avuto su di te i Godflesh e che tipo di bassisti ti hanno definito come musicista?
Sicuramente! I Godflesh sono stati un’enorme influenza su tutta la band, vorrei dire forse l’influenza principale sul mondo dal quale usciamo, mentre per il mio sound personale posso dirti che al momento sono molto influenzato da quanto fatto da Chris Squire degli Yes, amo molto anche David Wm. Sims dei Jesus Lizard e Fieldy dei Korn. Credo che tutto quello che questi musicisti abbiano in comune sia di essere parecchio presenti nel mix con un sound incisivo e hi end, e volevo ottenere questo spessore e questa presenza insieme al suono della chitarra, mixando quindi i due strumenti a pari importanza. Tornando ai Godflesh, diciamo che l’area di suono che volevamo suggerire comprendeva sicuramente anche loro!
Credo di ricordare che la vostra prima uscita su The Flenser sia stata la cover di “Roots Bloody Roots” dei Sepultura, corretto? Gruppo enorme e rumoroso ma comunqe credo abbastanza distante dalla vostra visione, che tipo di scelta c’è stata in questo senso?
Ok, gran bella domanda! Iniziamo dicendo che i Sepultura sono probabilmente nella mia top 5 di sempre come band, amo realmente tutto ciò che hanno fatto, dai folli inizi con questa sorta di black metal ai giorni presenti della seconda era della band, ma quello che mi ha segnato maggiormente è stato il loro secondo periodo, da Chaos A.D. a Roots Bloody Roots, che è un album molto indicativo del suono dei Chat Pile, essendo molto semplice, naturale ed ipnotico, dimostrando con un album del genere di riuscire a fare moltissimo con poco. Puoi prendere i minimi elementi e dandogli il giusto ritmo creare delle splendide canzoni con pochissimo, capisci? Così anche per le chitarre, credo che i suoni delle chitarre su quel disco, registrate da Ross Robinson, suonino in maniera veramente cool. La ragione per la quale registrammo il brano per The Flenser era l’offerta di comparire su una loro compilation tributo al nu metal (Send The Pain Below, che comprendeva anche brani di Midwife, Cremation Lily, drowse, Vile Creatures e Wrecj and Reference) e come Chat Pile eravamo fan dei Korn e pensammo inizialmente a loro ma alla fine Roots Bloody Roots ebbe la meglio proprio perché i brani dei Sepultura di quel periodo suonavano esattamente come le canzoni dei Chat Pile, quindi fu naturale tradurla nel nostro sound.
Splendido! Ascoltando il vostro nuovo album ci sono stati due brani che mi hanno piuttosto sorpreso, come “Shame” e “Funny Man”, la prima che spinge verso il rock e la seconda che mi sembra addirittura un incrocio fra i RATM e Mike Patton, con alcune influenze della scuola di Chicago. Questo è solo il vostro secondo disco e con questi due brani appare chiare come le strade al momento sembrino infinite e percorse solo per un tratto. State provando di allargarvi o credete di avere già una linea definita da seguire?
Un’altra ottima osservazione, considerando si tratti di una cosa che proviamo a fare sin dal principio: giocare con gli stili senza considerarci parte di nessun genere. Ci accostano a stili e scene ma ci caschiamo sempre dentro, apprezzando un sacco di musica differente. Sul primo ep c’era “Mask” che era un brano molto melodico, sull’ultimo album “Anywhere”, una canzone tipicamente rock. Ci piace questa musica e crediamo sia una buona idea non rimanere in un angolo, ma mostrare alla gente quanto versatili possiamo essere. “Shame” è probabilmente la nostra canzone più alternative/shoegaze oggi ed abbiamo un altro brano, “Masc”, che è anche molto melodico, forse una delle nostre canzoni più melodiche. “Funny Man”, la canzone della quale parlavi prima, ha in effetti un groove alla Mike Patton / Faith No More ed è una di quelle che io chiamo musica da Beavis and Butthead, molto ’90, alternativa alla White Zombie, cose così. Ci piace quel tipo di approccio dell’epoca, lo stile, i video…
Un altro vostro lavoro che ho molto apprezzato è stata la colonna sonora che avete fatto dopo il vostro debutto, per il lungometraggio “Tenkiller”. Non ho visto il film ma ne ho amato il suono. Com’è stato lavorare per un film? Le colonne sonore sono un lavoro interessante per voi? Ho visto di recente la vostra intervista per Records in My Life e spendete diverso tempo sul tema, citate “Gummo” e “Kids” e credo possiate essere perfetti per questi lavori alla Larry Clark nella suburbia. Potrebbero esserci altre chance nel futuro?
Sì, ci siamo divertiti davvero molto con questi filmaker ed aver avuto questa occasione è stato l’avverarsi di un sogno. Onestamente ci piacerebbe molto farlo di nuovo, ci siamo divertiti moltissimo ed abbiamo diversi progetti che si accavallano, un sacco di lavoro, ma se ci fosse l’opportunità di rifarlo saremo pronti! Abbiamo parlato in serenità con alcune persone e non c’ê niente di certo ma si vedrà… sai, siamo persone semplici che scrivono canzoni tradizionali ed abbiamo capito che queste opportunità sono chance per fare le cose che ci piacciono senza troppe regole. Possiamo improvvisare, creare paesaggi, fare la nostra musica e credo prenderemo di certo la chance se ricapiterà!
Che tipo di film potrebbe essere quello perfetto per voi?
Beh, saremmo aperti su tutto ma un film horror…i film horror sono realmente la nostra cosa, questo è quello che vorremmo fare!
Versante live. Ci sono speranze di vedervi girare l’Europa oltre al Roadburn 2025? Italia o vicinanze possibili? Non so come sia la situazione post-pandemica ed economica ma possiamo incrociare le dita?
Potrei dirti che le possibilità sono molto molto molto molto buone! Stiamo organizzando la cosa ed in qualche settimana dovremmo avere notizie. Credo proprio che passeremo dall’Italia… succederà. Scopriremo il funzionamento economico della cosa dopo averla fatta? Vedremo se sarà ripetibile, ma sfrutteremo ogni possibilità.
Qualche settimana fa ho colpevolmente saltato la data milanese degli Agriculture, che adoro e dei quali ho amato il video che hanno fatto con voi per “Living Is Easy”. Ho visto che suonate spesso con qualche gruppo, come funziona? Come si creano i contatti, la vita da tour, l’idea di condividere la strada ed il palco…
Onestamente è una delle nostre cose preferite stare in tour ed il trovare band con le quali condividere il palco sentendo di avere molte cose in comune con loro è fantastico. Il tutto capita seguendo due canali: amici che abbiamo conosciuto e collaborano tramite The Flenser (Agriculture, Mamaleek) con i quali per strada ci siamo uniti veramente molto, specie con gli Agriculture, che sono fra le nostre band preferite e con i quali speriamo di riuscire a combinare una combo per tornare in Europa. D’altra parte, cerchiamo sempre di suonare insieme a band che condividono con noi l’origine, da quella parte in mezzo agli Stati Uniti. Le band di quelle zone sono spesso sottovalutate e cerchiamo di dare la giusta visibilità alla nostra area. Due di queste band sono di sicuro i Nerver, da Kansas City, coi quali abbiamo suonato spesso gli scorsi anni (amiamo questi tizi!) ed un’altra band, sempre di Kansas City chiamata Nightosphere che sono incredibili e che lo scorso anno hanno pubblicato un disco che è di sicuro il nostro album preferito del 2023 come band, oltre ad essere un’incredibile band live. Negli Usa gireremo con Nightosphere e Gough Away, quindi cerchiamo di essere aperti ed amichevoli con tutte le band che viaggiano con noi, talmente che spesso diventiamo veramente amici. Speriamo quindi che il trend continui così…
Com’è stata e com’è la risposta del pubblico locale, quello di Oklahoma City, nei vostri confronti e del vostro successo? Avete un seguito importante? Qui si dice che spesso nessuno è profeta in patria ed a volte vedo che molti musicisti sono più considerati al di qua dell’oceano che a casa loro. Qual è la situazione che state vivendo? Sta cambiando?
È divertente perché all’inizio era esattamente come dicevi tu, avevamo problemi a trovare degli show, la gente non amava la nostra musica ed anche quando abbiamo iniziato ad avere un minimo riscontro non c’era un gran supporto locale e sembrava che la gente non se ne accorgesse. Qualcosa poi è cambiato e da allora i locali sono stati dalla nostra parte, entusiasmandosi. Hanno visto, non so, credo che molte band quando iniziano ad avere successo nell’ambito artistico uscendo da Oklahoma divertano la gente che in qualche modo si affeziona e questa cosa ci piace, ci piace rappresentare l’Oklahoma, è molto importante per noi. Credo che nell’ultima fase, da quando God’s Country è uscito Oklahoma City ci ha veramente sostenuto e quando abbiamo annunciato il nostro show per il lancio del nuovo disco è andato immediatamente sold-out ed abbiamo dovuto aggiungere una seconda data, esaurita anche quella! Eravamo sorpresi da tanta attenzione a casa nostra e non è mai stato così, quindi ne siamo felicissimi…
La webzine per la quale ti intervisto si chiama the New Noise e non posso esimermi dal chiudere questa chiacchierata chiedendoti quale sia il tuo rumore preferito ed un progetto che hai scoperto di recente che puoi consigliarmi per una buona dose di noise.
Ah, ok… rimanendo nell’ambito musicale oppure andando nel rumore in senso letterale?
A te la scelta, hai tutto il rumore a disposizione!
Ok, noi siamo considerati una band noise rock e c’è un sacco di dibattito su chi sia una band noise e chi invece non lo sia, ma se devo pensare ad una delle migliori band noise che abbia mai sentito beh, quelli sono i Tad! Li ho sempre amati e sono stati una continua fonte di ispirazione per il mio stile, credo siano loro i miei preferiti se prendiamo in esame il noise rock. Se invece ci concentriamo sulle cose più recenti devo tornare ancora ai Nightosphere, il loro disco è uno dei miei dischi preferiti di sempre, così dinamico, viaggia dalla quiete al rumore più estremo e così fanno live, calzando perfettamente il loro abito.